18 aprile 2011

Offside (Jafar Panahi, 2006)

Offside (id.)
di Jafar Panahi – Iran 2006
con Sima Mobarak-Shahi, Safdar Samandar
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Visto al cinema Arlecchino.

Forse il più rappresentativo regista iraniano della generazione post-Kiarostami (di cui è stato assistente e del quale ha anche portato sullo schermo alcune sceneggiature), e già autore di ottime pellicole come "Il palloncino bianco", "Lo specchio", "Il cerchio" e "Oro rosso", Jafar Panahi è salito agli onori della cronaca – se così si può dire – per l'arresto nel 2010 con l'accusa di girare film contro il regime, e soprattutto per la condanna (insieme a un altro cineasta, Mohammad Rasoulof) a sei anni di carcere con l'assurdo divieto di dirigere film o scrivere sceneggiature per i prossimi vent'anni. Questo "Offside" (ma perché in italiano non chiamarlo "Fuorigioco"?) è dunque l'ultimo lungometraggio che ha completato: esce nelle nostre sale con cinque anni di ritardo (ma meglio tardi che mai) e racconta la storia di un gruppo di ragazze che, vestite da uomo e spinte dalla passione per il calcio (ma non solo), cercano di intrufolarsi nello stadio di Teheran per assistere alla partita fra Iran e Bahrein, valida per la qualificazione ai campionati del mondo del 2006 in Germania. Identificate, vengono rinchiuse in un gabbiotto all'esterno dello stadio, dove sono sorvegliate – non senza un certo imbarazzo – da alcuni giovani militari in attesa di essere portate in questura: nel paese islamico, infatti, alle donne è vietato assistere ad eventi sportivi maschili (e viceversa). Fresco e brillante, attraverso il tono da commedia leggera e le situazioni ironiche (esilarante la sequenza in cui uno dei soldati deve accompagnare una delle ragazze alla toilette maschile) il film mette in luce le contraddizioni di leggi o tradizioni che le nuove generazioni percepiscono sempre più come sorpassate o discriminatorie. E la passione calcistica (che raramente è stata portata sullo schermo in maniera così diretta, ingenua e felice, lontana anni luce da quella fasulla e ideologicizzata delle curve ultras nostrane) maschera il desiderio di emancipazione, di uguaglianza o di maggior libertà. Il film è stato girato quasi per intero allo stadio e in tempo reale, nel giorno stesso della partita: per potervi entrare con i suoi attori e la troupe, Panahi – sotto falso nome – aveva presentato alle autorità uno script che nulla aveva a che fare con la pellicola che poi ha effettivamente realizzato. Da notare che l'Iran vinse la partita (e le scene di celebrazione fra la folla, nel finale, sono autentiche e spontanee): se l'avesse persa, il regista aveva già pronto un finale differente.

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