14 maggio 2023

Roulette cinese (R. W. Fassbinder, 1976)

Roulette cinese (Chinesisches Roulette)
di Rainer Werner Fassbinder – Germania 1976
con Margit Carstensen, Anna Karina
**1/2

Visto in divx, in originale con sottotitoli.

Con la scusa dei rispettivi viaggi all'estero per motivi di lavoro, i benestanti coniugi Christ, Gerhard (Alexander Allerson) e Ariane (Margit Carstensen), intendono trascorrere il fine settimana – l'uno all'insaputa dell'altra – con i rispettivi amanti Irene (Anna Karina) e Kolbe (Ulli Lommel), mentre Angela (Andrea Schober), la figlia adolescente della coppia, dovrebbe rimanere a Monaco con la governante Traunitz (Macha Méril). La ragazza, però, che nutre un forte risentimento verso i genitori, dai quali sospetta di non essere amata per via della sua disabilità (è storpia sin dalla tenera età), complotta affinché si ritrovino tutti nella villa di famiglia in campagna, insieme anche ai servitori Kast (Brigitte Mira) e Gabriel (Volker Spengler). E per accrescere ulteriormente le tensioni sotterranee fra i presenti, propone un crudele gioco psicologico a base di indovinelli, la "roulette cinese"... Un "dramma da camera" che è anche uno spietato gioco al massacro delle relazioni e dei sentimenti di una famiglia altoborghese, di cui mette in luce le ipocrisie e le contraddizioni, fra personaggi ambigui e prigionieri dei propri ruoli sociali (vedi i coniugi che, pur tradendosi a vicenda, continuano a professarsi il reciproco amore, o la solidarietà fra le donne rivali: l'unica che sembra non voler nascondere i propri veri sentimenti è Angela, che però è un'inquietante manipolatrice) e le disabilità esteriori di alcuni personaggi (Angela è storpia, Traunitz – come la Marlene di "Petra von Kant" – è muta) che rispecchiano quelle interiori, dove spicca per esempio il complessato Gabriel, scrittore e filosofo sottomesso alla madre e ai suoi padroni. Non mancano alcuni passaggi misteriosi e non risolti (chi è Ali Ben Basset, citato in un frammento di dialogo fra Gerhard e Kast, che lascia intendere un qualche tipo di intrigo politico o addirittura terroristico?). Come spesso nel cinema di RWF, l'impostazione è teatrale: tranne l'incipit, la pellicola si svolge quasi tutta nella villa di campagna dei coniugi Christ, che nella realtà era un piccolo castello in Bassa Franconia di proprietà del direttore della fotografia, Michael Ballhaus. E come in teatro, c'è una letterale pistola di Čechov. Ma l'insieme, forse a parte il finale, è lontano dalla melodrammaticità e dall'insistenza sulle allegorie di altri film del regista tedesco, e si sviluppa in maniera più ambigua, rilassata e quasi surreale, risultando per certi versi sfuggente e ricordando semmai certe cose di Luis Buñuel (come "Il fascino discreto della borghesia").

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