6 dicembre 2022

Licorice pizza (Paul T. Anderson, 2021)

Licorice pizza (id.)
di Paul Thomas Anderson – USA 2021
con Alana Haim, Cooper Hoffman
**

Visto in TV (Prime Video).

L'intraprendente quindicenne Gary Valentine (Cooper Hoffman) e la giovane fotografa Alana Kane (Alana Haim) si conoscono a Encino, in California, all'inizio degli anni settanta. La loro relazione, un po' d'amicizia e un po' romantica, si sviluppa lentamente fra alti e bassi. Episodico, nostalgico, semi-biografico (le vicende narrate si ispirano ai ricordi e agli episodi vissuti da un amico di Anderson, Gary Goetzman, attore bambino e poi imprenditore e produttore cinematografico), il film si iscrive in quel filone del cinema americano che da "American graffiti", passando per le pellicole di Linklater fino a "C'era una volta a Hollywood" di Tarantino, rivolge lo sguardo all'indietro verso un "passato dorato" che ultimamente si identifica appunto negli anni settanta. Fra gli episodi narrati ci sono le esperienze di Gary come attore teenager in programmi televisivi (come quelli di Lucille Ball), come venditore di materassi ad acqua (fugace "moda" negli Stati Uniti di quegli anni) e come gestore di una sala giochi (cioè di flipper: i video arcade erano di là da venire), mentre la più adulta Alana prova invece a gettarsi nell'attivismo politico. Ma il risultato è pretenzioso (come tutto il cinema di PTA) e caotico (si salta di palo in frasca), poco accattivante e dai toni altalenanti (momenti grotteschi e personaggi caricaturali si alternano ad altri che vorrebbero essere più intensi e sinceri). Francamente, questo tipo di cinema comincia a stufare: da un lato si guarda continuamente all'indietro, dall'altro accatasta – all'insegna del post-moderno – situazioni ed episodi in maniera random, prolungandone alcuni senza motivo e lasciando l'impressione di un'improvvisazione narrativa. Buona comunque la ricostruzione d'epoca, che rende bene l'atmosfera di quegli anni (grazie anche alla fotografia calda, alla colonna sonora, ai costumi e alle scenografie: quanti maglioncini a righe e carte da parati!). Mediocre l'adattamento italiano, che in realtà adatta ben poco, lasciando termini in inglese e nomi e riferimenti culturali non spiegati. Cooper Hoffman è il figlio di Philip Seymour Hoffman, Alana Haim una giovane musicista: per entrambi è l'esordio come attori. Piccole parti (per lo più macchiette) per Sean Penn (il divo Jack Holden, ispirato a William Holden), Tom Waits (il suo amico Rex Blau), Bradley Cooper (il produttore Jon Peters) e Benny Safdie (il politico gay Joel Wachs). Lo strano titolo (due ingredienti apparentemente inconciliabili?) non viene citato né spiegato durante il film: era il nome di una catena di negozi di dischi presente all'epoca nella California del Sud, che secondo Anderson ricorderebbe all'istante (solo a chi era lì, però) l'atmosfera di quei giorni. Flop al botteghino, ma apprezzato dalla critica (con tre nomination agli Oscar, per il film, la regia e la sceneggiatura).

2 commenti:

Babol ha detto...

Credevo di essere la sola a non essersi strappata i capelli per l'ultimo Anderson, ma mi consolo, qualcun altro ha visto lo stesso film che è capitato a me! XD

Christian ha detto...

Sì: bella la confezione, ma l'impressione (come in molti di questi film "nostalgici": un altro esempio recente è "Apollo 10 e mezzo" di Linklater) è quella di un album di fotografie o di ricordi che un amico ti mostra credendo che ti interessi quanto interessa a lui.