Dream (Kim Ki-duk, 2008)
Dream (Bimong)
di Kim Ki-duk – Corea del Sud 2008
con Joe Odagiri, Lee Na-young
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Visto in divx, in originale con sottotitoli.
Due perfetti sconosciuti, l'artigiano Jin (Odagiri) e la sarta Ran (Lee), scoprono di essere uniti da uno strano legame: di notte, mentre l'uomo sogna, la donna – in stato di sonnambulismo – vive nella realtà le esperienze del sogno di lui. E poiché Jin è ancora innamorato della sua ex ragazza, al punto da cercare di raggiungerla nei suoi sogni, Ran si trova costretta a tornare dal suo ex compagno, che invece detesta con tutto il cuore. Una pellicola notturna e bizzarra, onirica e misteriosa, la cui atmosfera di spaesamento – oltre che dal soggetto ultraterreno, che in certe scene rievoca il surrealismo di "Ferro 3" – è accentuata dal fatto che i due personaggi parlano due lingue diverse (giapponese lui, coreano lei). In effetti i personaggi, come viene spiegato, si trovano ai lati opposti di uno spettro, come il bianco e il nero (o lo yin e lo yang), uniti da un legame simbolico e immateriale (vedi anche il bel finale in cui lei si tramuta in farfalla per raggiungere lui). Migliore dei precedenti "Time" e "Soffio", ma altrettanto esile e pretestuoso, il film chiude una fase piuttosto infelice della filmografia di Kim Ki-duk, caratterizzata da pellicole sfornate a getto quasi continuo ma piuttosto carenti dal lato della sceneggiatura, costruite su suggestioni ed esoticismi che spesso restano fini a sé stessi. In questo caso, almeno, lo spunto è interessante, anche se nella parte centrale il film si trascina un po' troppo, fra fumose visioni oniriche e momenti in cui i personaggi provano a dormire a turno o si sforzano di non dormire affatto (come in "Nightmare"!). L'impasse creativa, ma anche un incidente avvenuto sul set (l'attrice rischiò di morire mentre girava la scena dell'impiccagione nel finale), convinsero il regista a prendersi una salutare pausa di tre anni, prima di tornare al cinema nel 2011 con lo pseudo-documentario "Arirang". Curiosità: nella colonna sonora si sente ripetutamente una canzone in dialetto abruzzese, "Scura maje". Non è la prima volta che Kim utilizza un brano italiano in un suo lavoro (era già capitato in "Bad guy").
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