30 maggio 2018

Shining (Stanley Kubrick, 1980)

Shining (The shining)
di Stanley Kubrick – USA/GB 1980
con Jack Nicholson, Shelley Duvall
****

Rivisto in DVD.

Jack Torrance (Nicholson), scrittore in cerca di pace e di ispirazione, viene assunto per trascorrere l'inverno – insieme alla moglie Wendy (Duvall) e al figlioletto Danny (Danny Lloyd) – nell'Hoverlook Hotel, un albergo isolato sulle Montagne Rocciose del Colorado, da custodire durante i cinque mesi di chiusura stagionale. Ma l'edificio, che è stato costruito su un antico cimitero indiano, ha qualcosa di sinistro: si tratta dei "residui" spirituali delle tragedie che vi sono accadute nel corso degli anni, che Danny (dotato del potere paranormale della "Luccicanza") riesce a percepire, e che – insieme all'isolamento e alla convivenza forzata – portano Jack verso la follia, spingendolo a voler uccidere la sua stessa famiglia. Da un romanzo di Stephen King (adattato da Kubrick insieme a Diane Johnson), forse il più grande film horror di tutti i tempi, un angosciante viaggio nella pazzia e nella dissociazione mentale, condito da elementi soprannaturali e inquietanti. A cominciare dalla stessa ambientazione: l'albergo è enorme, sinistro, labirintico, caratteristiche rese ancora più terrorizzanti dal suo essere vuoto e isolato. Si pensi agli ampi saloni (come quello dove Jack batte a macchina tutto il giorno), ai lunghi corridoi (percorsi da Danny con il suo triciclo, seguìto da dietro dalla steadicam di Garrett Brown, da poco inventata), ai pattern dei pavimenti di marmo e delle moquette (che richiamano a loro volta il labirinto), per non parlare dell'altro labirinto, quello di siepi che si trova all'esterno dell'hotel, dove sarà ambientato il finale del film. Altro elemento inquietante, presentato sin dall'inizio, sono i poteri paranormali di Danny, lo Shining (o "Luccicanza", appunto), che gli consentono di parlare con il suo "amico immaginario" Tony e gli donano visioni precognitrici (le due gemelline massacrate nell'albergo da un precedente custode, o i torrenti di sangue che fuoriescono dagli ascensori e inondano i corridoi: due fra le immagini più terrorizzanti di sempre). Lo stesso potere lo possiede Dick Hallorann (Scatman Crothers), il capocuoco dell'albergo, che cercherà inutilmente di proteggere Danny e la madre dalla furia di Jack; e probabilmente lo stesso Jack, anche se non se ne rende conto: si spiega così la sua capacità di vedere e interagire a sua volta con i "fantasmi" dell'albergo, dal barman Lloyd (Joe Turkel) al cameriere Delbert Grady (Philip Stone), il custode precedente, che lo assecondano e lo guidano sulla strada della follia. Naturalmente tutto può anche essere letto come una semplice metafora dell'alienazione che spinge un uomo, sotto stress e inconsciamente ostile alla propria famiglia, a sterminarla (i fantasmi sarebbero così "riflessi" della psiche dello stesso Jack): ma non si spiegherebbero i brevi momenti in cui il mondo reale e quello soprannaturale entrano fisicamente in contatto, come l'aggressione a Danny nella camera 237 o quando Grady aiuta Jack a uscire dalla dispensa dove Wendy lo ha rinchiuso.

Forse anche a causa dell'interpretazione di Nicholson, Jack Torrance ci appare da subito poco equilibrato e destinato alla follia: il suo ghigno satanico fa già capolino prima che impazzisca del tutto, e il suo atteggiamento – che si fa via via più irritabile e scontroso, oltre che trascurato fisicamente – denota insicurezza, insoddisfazione, mancanza di autostima, un profondo rancore nascosto verso la moglie e il figlio. Tutto precipita quando l'ispirazione per il suo romanzo non arriva: in una delle scene chiave, Wendy scopre che in tutto il tempo che il marito ha trascorso nel salone a lavorare, ha prodotto centinaia di fogli con una sola frase ripetuta ossessivamente, il proverbio "Il mattino ha l'oro in bocca" (in originale era "All work and no play makes Jack a dull boy": Kubrick scelse personalmente i proverbi da utilizzare per gli adattamenti del film nelle varie lingue, girando appositamente scene alternative che purtroppo non sempre i DVD hanno conservato). La magistrale e perfezionistica regia accentua in ogni modo la sensazione di angoscia e di pericolo imminente: lo fa con le inquadrature, i movimenti di macchina, il montaggio, e persino con le didascalie (che si fanno sempre più minimaliste e specifiche: "Martedì", "4pm"). E quando arriva la neve, che isola l'albergo (mettendo fuori uso i telefoni: la radio e il gatto delle nevi saranno poi sabotati dallo stesso Jack), i protagonisti si ritroveranno prigionieri di loro stessi. Da qui il film procede mescolando due generi: l'horror soprannaturale (con le visioni progressivamente più inquietanti di Danny, come la scritta "Redrum" – "Murder" al contrario, da leggere attraverso lo specchio – sulla porta della stanza) e il thriller (con la minaccia di Jack, munito di accetta, verso Wendy e Danny). Celebre la scena (riprodotta poi sulle locandine) in cui l'uomo, ghignante e sardonico, abbatte la porta del bagno in cui si è rifugiata la moglie, gridando "Sono il lupo cattivo!" (in originale diceva "Here's Johnny!", la frase che ha introdotto per anni lo show televisivo di Johnny Carson). Come detto, anche Jack si lascia influenzare dalle presenze nell'albergo e ha simili visioni: la donna nuda nella vasca (che diventa una vecchia putrefatta), gli ospiti nel salone delle feste, lo stesso Delbert Grady (che gli dice "È sempre stato lei il custode dell'albergo", rivelando come Jack sia intrappolato in un loop temporale, il che spiegherà l'enigmatica inquadratura finale del film, quella che mostra l'uomo in una fotografia scattata nell'albergo nel 1921).

Se queste visioni rappresentano dei "residui" del passato ("Sono come figure dentro un libro, non sono cose vere", si dice Danny), la follia di Jack è invece autentica e il pericolo che Wendy e Danny corrono è reale. La trasformazione di una persona amata in una pericolosa minaccia – e dunque la tematica della violenza domestica – è resa palpabile dallo sguardo terrorizzato e angosciato di Shelley Duvall (protagonista di una prova maiuscola, al pari di Nicholson, per quanto entrambi recitino parecchio sopra le righe), per esempio nella scena in cui l'uomo le si rivolge con ironia ("Wendy, tesoro, luce della mia vita... Non ti farò niente... Soltanto, quella tua testolina te la spacco in due..."), mentre lei cerca di tenerlo a distanza sulla scalinata con una mazza da baseball. Forse per lo shock o per la tensione, nel finale anche Wendy comincia a vedere i "fantasmi" dell'Hoverlook Hotel (l'uomo vestito da cinghiale, quello con la testa spaccata), prima che la pellicola si chiuda con l'inseguimento nel labirinto innevato, dove Danny cerca di sfuggire a un Jack zoppicante ma munito di ascia e dove sfrutta uno dei trucchi tipici delle fiabe, quello di camminare a ritroso sui suoi passi per depistarlo con le impronte. Ottima la versione italiana, con l'adattamento curato da Mario Maldesi: Kubrick stesso si complimentò con Giancarlo Giannini, che doppia Jack Nicholson. La colonna sonora, insolita e originale nella sua qualità spettrale (che ricorda in parte "2001: Odissea nello spazio"), è fondamentale nella costruzione della suspense: oltre che al fido/a Wendy Carlos (insieme a Rachel Elkind), ricorre a brani di Bartók, Ligeti e Penderecki. Il film si apre con il tema gregoriano del "Dies Irae" (lo stesso che si sente nella "Sinfonia fantastica" di Berlioz). La canzone nelle scene della festa è "Midnight, the Stars and You" di Al Bowlly. Naturalmente la pellicola è diventata quasi subito un cult movie, citato e rivisitato in innumerevoli occasioni (da serie animate come "I Simpson" al film "Ready player one" di Spielberg). I suoi tanti enigmi, i misteri e le suggestioni (per dirne una: in alcune scene Danny indossa una maglia con il disegno di un razzo e la scritta "Apollo 11", il che ha alimentato le teorie di complotto secondo cui lo stesso Kubrick sarebbe stato coinvolto nei video dei falsi allunaggi) sono stati sviscerati anche in un bel documentario, "Room 237". Ma al di là di tutto ciò che si è scritto e detto, rimane semplicemente un film ipnotico, affascinante e terrorizzante, quasi perfetto nel suo genere. Ciò nonostante, Stephen King si dichiarò insoddisfatto dell'adattamento del suo romanzo, al punto da supervisionare una nuova versione nel 1997 sotto forma di miniserie tv.

5 commenti:

MikiMoz ha detto...

Io pure quando vedo una commedia, con Nicholson, penso che il personaggio prima o poi finirà per fare una strage, visto il ghigno XD
In ogni caso, grandissimo film. E il fatto che NON sia piaciuto a King me lo fa amare ancora di più (mille volte meglio il film che il romanzo, ma comunque sono due prodotti diversi).
Kubick che cita Lynch che a sua volta citerà Kubrick in un cerchio eterno... Shining anticamera di Twin Peaks, ma soprattutto opera che pare aver nascosto moltissimi messaggi... per i cultori del complottismo^^

Moz-

Christian ha detto...

Sì, Nicholson sembra nato per recitare parti da folle o da squilibrato (reale o meno, come in "Qualcuno volò sul nido del cuculo"). :)
Questo film per me è davvero l'horror definitivo, uno dei film più spaventosi di tutti i tempi, e lo sarebbe anche senza gli elementi soprannaturali. Ma è anche bellissimo da vedere, ogni volta si notano dettagli diversi!
Per i messaggi nascosti e le teorie di complotto, ti consiglio il documentario "Room 237".

MikiMoz ha detto...

Grazie mille :)

Moz-

Marco C. ha detto...

"...gli dice "È sempre stato lei il custode dell'albergo", rivelando come Jack sia intrappolato in un loop temporale, il che spiegherà l'enigmatica inquadratura finale del film, quella che mostra l'uomo in una fotografia scattata nell'albergo nel 1921".
Ammetto di non aver mai capito appieno lo scopo di questa inquadratura. E' superflua nella logica horror del film, ma anche di difficile interpretazione. Che vorrebbe dire? Ha un significato metaforico? Non è chiaro.

A King probabilmente non piacque che la versione di K. fosse superiore, nonché parecchio diversa. Ho visto la versione del '97, curata dallo stesso King, ma non aveva la medesima tensione. Anzi, in alcuni aspetti risultava ridicola (Tony volante, la mazza da cricket, etc.). Non c'è confronto.

Sarebbe interessante capire se King ha introdotto l'ascia in "Misery non deve morire" memore di questo errore. Poi nella versione filmica è stata rimpiazzata con un mazzuolo. Molto curioso!

Christian ha detto...

La fotografia nel finale è sempre stata l'elemento più enigmatico del film, e in effetti giunge inatteso e sembra apparentemente slegato dal resto. Quella che ho scritto è una mia interpretazione, come se l'anima di Jack fosse stata assorbita dall'albergo e confluita, anche "retroattivamente" in esso (il che spiegherebbe come mai in precedenza nessuno, nemmeno lui, abbia notato la sua presenza in quella immagine: Jack è "entrato" nella foto solo dopo la sua morte per assideramento). O forse è un indizio che la storia è già avvenuta ed è destinata a ripetersi. Mi pare che Kubrick, in un'intervista, abbia spiegato che Jack potrebbe essere la reincarnazione di un ospite precedente della struttura. O magari è solo un controfinale alla "Dylan Dog", con un colpo di scena conclusivo che è solo uno sberleffo. Forse è il caso di non pensarci troppo, e di prendere quella scena così come è, una specie di suggestione o di provocazione senza un significato preciso...