La rabbia (Pasolini, Guareschi, 1963)
La rabbia
di Pier Paolo Pasolini, Giovannino Guareschi – Italia 1963
film di montaggio
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Visto in divx.
Film diviso in due parti (di circa 50 minuti l'una), ideato dal produttore Gastone Ferranti, che chiese a due intellettuali di tendenze opposte (di sinistra Pasolini, di destra Guareschi) di rispondere alla domanda "Perché la nostra vita è dominata dalla scontentezza, dall’angoscia, dalla paura della guerra, dalla guerra?", attraverso un montaggio di filmati di repertorio, di foto e di spezzoni del cinegiornale "Mondo libero", legati all'attualità o al recente passato, commentati da una coppia di voci fuori campo. Anche se il tema è lo stesso, e non mancano punti di convergenza fra le due metà della pellicola (ma i toni sono spesso critici e polemici, anche se filtrati dalla poesia in un caso e dell'umorismo nell'altro), i risultati sono ben diversi, anche a prescindere dalle idee politiche e sociali. Pasolini ha un'approccio curioso, idealista e sognatore, Guareschi (che inserisce anche alcune sue vignette umoristiche) è pungente e irridente, ma risulta spesso qualunquista, moralista e predicatorio.
Il film di Pasolini (**1/2), nel rispondere alla domanda di Ferranti, sceglie come filo conduttore la "libertà". La scontentezza, l'angoscia, la paura dell'umanità dipendono dalla mancanza di libertà e dal disperato desiderio di ottenerla. Così si spiegano le rivoluzioni (a livello individuale o collettivo), le proteste, le guerre. Le voci narranti di Giorgio Bassani (per la prosa) e di Renato Guttuso (per la poesia) recitano testi dello stesso Pasolini ("Voi, figli dei figli, gridate con disprezzo, con rabbia, con odio "Viva la libertà". E perciò non gridate "Viva la libertà". Se non si grida "Viva la libertà" con amore, non si grida "Viva la libertà"), mentre le immagini, accompagnate dall'Adagio di Albinoni, mostrano immagini della rivoluzione in Ungheria del 1956 (e delle reazioni in tutto il mondo); delle guerre per l'indipendenza in Africa, in India, a Cuba; di scene di spettacolo e di attualità, con dive del cinema (Ava Gardner, Sophia Loren), sindacalisti, politici, religiosi; l'incoronazione della regina Elisabetta II (1952), la convention repubblicana negli USA del 1952, i funerali di papa Pio XII e l'elezione di Giovanni XXIII (1958); si parla di arte (nell'URSS), del mondo contadino, del suicidio di Marilyn Monroe (personificazione della bellezza), delle armi atomiche, della lotta di classe; e con le immagini del volo nello spazio di Juri Gagarin (1961) e delle successive celebrazioni, si termina con una nota di ottimismo per un futuro migliore, dove il progresso potrà unire i popoli in una fratellanza senza guerre.
Il film di Guareschi (*), come filo conduttore, sceglie invece la "vendetta". Per l'autore di Don Camillo (alla sua prima e unica esperienza come regista cinematografico, coadiuvato dalla caporedattrice del "Borghese" Gianna Preda), la scontentezza, l'angoscia e la paura generano odio e desiderio di rivalsa nei confronti degli altri, ma in particolare degli europei, il cui punto di vista è centrale in tutta la narrazione. Con le voci di Gigi Ortuso (narratore "serio") e Carlo Romano (già doppiatore di Don Camillo, narratore "ironico") e una colonna sonora che mescola il twist alla musica sinfonica (in particolare l'Eroica di Beethoven), Guareschi critica la frenesia della vita moderna, l'edonismo e gli eccessi provocati dal miracolo economico, tecnologico ed edilizio. Ma dove da semplice nostalgico e bacchettone diventa davvero inaccettabile, è quando tocca questioni politiche: se ancora si possono condividere alcuni severi giudizi sullo scenario globale post-bellico (il processo di Norimberga, la costruzione del muro di Berlino), lasciano perplessi le condanne reazionarie delle lotte anticolonialiste (qui le differenze fra i due intellettuali sono le più evidenti) e il sarcastico razzismo nei confronti delle popolazioni di colore. I funerali di Giorgio VI (1958) sono l'occasione per lamentare la fine dell'imperialismo europeo. Certo, ne ha anche per gli USA (si cita il caso Chessman, si sbeffeggia Kennedy e la moglie), per la Cina e naturalmente per l'URSS e il comunismo in generale (si mostra la rivoluzione cubana, la morte di Stalin, l'avvento di Krusciov), visto come origine di quasi tutti i mali. E anziché fiducia nel progresso, i viaggi spaziali sono l'occasione per manifestare retoricamente pessimismo e preoccupazione per il futuro: dalle persecuzioni religiose agli esperimenti scientifici "contro natura", fino alla disgregazione della famiglia tradizionale (il matrimonio della trans Coccinelle visto come una "tragica farsa"). Umorismo a parte, sembrano parole di alcuni politici di oggi. E di questo a Guareschi si deve dare atto: il suo segmento – purtroppo – è invecchiato molto meno di quello di Pasolini.
Il film non ebbe molto successo nelle sale, anche perché fu ritirato quasi subito in seguito alle polemiche (in effetti, è facile immaginare come potesse dividere il pubblico: chi avrà apprezzato la prima parte si sarà indignato di fronte alla seconda, o viceversa). Con il senno di poi, c'è da chiedersi che cosa si aspettasse Ferranti. Soltanto dal 2008 (inizialmente la sola parte di Pasolini, poi per intero) è stato restaurato ed è tornato a circolare.
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