14 febbraio 2017

La mia droga si chiama Julie (F. Truffaut, 1969)

La mia droga si chiama Julie (La sirène du Mississipi)
di François Truffaut – Francia 1969
con Jean-Paul Belmondo, Catherine Deneuve
**1/2

Visto in DVD.

Louis Mahé (Belmondo), ricco proprietario di una piantagione di tabacco nell'isola di Réunion, sposa una giovane francese, Julie (Deneuve), che ha conosciuto attraverso un annuncio matrimoniale. Ma ignora che quella che gli si è presentata, scendendo dalla nave "Mississipi", non è la ragazza che attendeva ma una truffatrice che ne ha preso il posto. Tuttavia se ne innamora perdutamente, e anche quando la verità verrà a galla non potrà fare a meno di lasciarla: anzi, pur di proteggerla, non esiterà a uccidere il detective privato (Michel Bouquet) che lui stesso aveva ingaggiato per mandarla in prigione... Il film, che nella seconda parte si trasforma in una storia d'amore/odio fra due personaggi in fuga da tutto e da tutti, è tratto da un romanzo di William Irish, pseudonimo di Cornell Woolrich (lo stesso autore dei testi da cui provengono "La sposa in nero" dello stesso Truffaut e "La finestra sul cortile" di Hitchcock), che il regista francese meditava di adattare da tempo per il cinema (in una scena del precedente "Baci rubati", si vede Antoine Doinel intento proprio nella lettura del libro di Irish). Il romanzo, da noi intitolato "Vertigine senza fine", in origine era ambientato negli Stati Uniti del Sud: il cambio di scenari gli toglie un po' di fascino, ma la pellicola – grazie soprattutto alle carismatiche interpretazioni di Belmondo e della Deneuve – si mantiene a galla fino alla fine, in un'atmosfera di morbosa ambiguità. Tante le citazioni e i riferimenti meta-cinematografici: Hitchcock, ovviamente (dal vero nome della ragazza – Marion, come la protagonista di "Psyco" – alle sequenze con il canarino e il baule, dai rimandi a "Marnie" e "Notorious" alla scena della morte del detective sulle scale, praticamente uguale a quella di "Psyco"), ma anche Nicholas Ray (i due vanno a vedere al cinema "Johnny Guitar"), Buñuel (la Deneuve, già "Bella di giorno", con i suoi feticismi), Cocteau e Jean Renoir (il film è dedicato a quest'ultimo, di cui vengono mostrate all'inizio alcune sequenze de "La Marseillaise"). Truffaut aveva girato "Baci rubati" solo per guadagnare il denaro necessario a produrre "La sirène", eppure fu il primo a essere osannato da critica e pubblico, mentre questo venne accolto con indifferenza. Tuttavia rimane interessante come storia d'amore "al contrario": i due protagonisti prima si sposano, vivendo insieme in quella che pare una caricatura di un matrimonio ideale ("Ti amo", "Anch'io", ecc.), e solo dopo – fra difficoltà, fughe e tentativi di uccidersi a vicenda – cominciano ad amarsi davvero. Bello il finale fra le nevi delle Alpi svizzere. No comment sul titolo italiano. Un remake nel 2001 ("Original Sin", con Antonio Banderas e Angelina Jolie).

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