Venezia e Locarno 2016 - conclusioni
Come fortunatamente è capitato spesso di recente, mi sento di poter dire che il Leone d'Oro di questa edizione del festival di Venezia è stato attribuito al film che effettivamente lo meritava più di tutti (almeno a giudicare da quelli visti in questa rassegna: mi manca da guardare "Jackie" di Larraín, di cui si è detto un gran bene). "The woman who left" di Lav Diaz è stato probabilmente il titolo più interessante di un programma in cui non sono mancati i buoni film: su tutti, "Animali notturni" di Tom Ford, "Frantz" di François Ozon, "Les Ogres" di Léa Fehner (da Pesaro) e "Godless" di Ralitza Petrova (da Locarno). Tra i peggiori invece Wenders ("Les beaux jours d'Aranjuez") e Cianfrance ("La luce sugli oceani"). Da notare la forte presenza di registe donne: oltre alle citate Fehner e Petrova, anche la Smoczyńska ("The Lure"), la Schrader ("Stefan Zweig") e la Woodworth ("Un re allo sbando"). Il tema più frequentato è stato senza dubbio quello della vendetta, assolutamente centrale in molte pellicole ("The woman who left", "Animali notturni", "I magnifici sette", fra gli altri). Molti anche i film che parlavano di scrittori ("Stefan Zweig", "Animali notturni", "Les beaux jours d'Aranjuez") e in generale del rapporto fra realtà e finzione ("Frantz", "Les Ogres"). Dal punto di vista tecnico, si è notato un forte ricorso all'estetica e alle caratteristiche del cinema del passato: il bianco e nero ("The woman who left", "Frantz", "Paradise") e persino il formato 4:3 ("Une vie", "Godless", ancora "Paradise"). Numerosi film mi sono cresciuti dopo la visione, e non escludo di rivedere alcuni giudizi, correggendo impressioni e voti elargiti a caldo.
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