Une vie (Stéphane Brizé, 2016)
Une vie
di Stéphane Brizé – Francia/Belgio 2016
con Judith Chemla, Jean-Pierre Darroussin
**1/2
Visto al cinema Ariosto, con Sabrina e Daniela, in originale con sottotitoli (rassegna di Venezia).
Fedele adattamento de "Una vita", il primo romanzo di Guy de Maupassant (di cui cerca di riprodurre il realismo amaro ma anche la profonda sensibilità), il film segue la storia di Jeanne, giovane aristocratica, dalla fine dell'adolescenza alla vecchiaia. La ragazza, che all'inizio dell'ottocento abita con i genitori nel castello di famiglia in Normandia, va in sposa al giovane Julien, che però – dopo i primi momenti di platonico romanticismo – la tradirà più volte: dapprima con la domestica Rosalie, e poi con una vicina di casa. Ucciso dal marito di quest'ultima, Julien non lascia a Jeanne che un figlio, Paul, sul quale la donna trasferisce morbosamente tutti i suoi affetti, rendendolo viziato e inconcludente. A causa dei continui debiti di Paul, che nel frattempo si è trasferito in Inghilterra, Jeanne finisce col perdere tutti i suoi averi. Ma proprio quando la depressione e la follia sembrano avere la meglio su di lei, trascinata in una spirale di eventi sempre più negativi, l'inatteso arrivo di una nipotina consente di concludere la vicenda su una nota più lieta. Come spiega la rediviva Rosalie, tornata in tarda età ad accudire la sua padrona, "la vita non è mai tutta buona o tutta cattiva come si dice". Girato in formato 4:3 con macchina a mano e inquadrature quasi sempre strette, angosciante e dal ritmo lento (ma proprio il continuo senso di angoscia, figlio della disillusione e della decadenza, lo salva dall'essere tedioso), il film non è di facile visione e a volte sintetizza in pochi istanti interi anni di vita, per lasciare invece spazio in altri momenti ai ricordi e alle illusioni. E proprio come la vita di Jeanne, una volta concluso e ripensandolo nel suo insieme, ci si accorge del suo autentico valore, anche come ritratto di un personaggio femminile costretto a barcamenarsi in un mondo che sta cambiando, vittima di persone e soprattutto di meccanismi sociali contro i quali non ha armi a disposizione. Fra i momenti per diversi motivi più memorabili, il dialogo di Jeanne con il parroco che vorrebbe convincerla a rivelare la verità sul tradimento del marito, e l'istante in cui la ragazza legge le lettere della madre dopo la sua morte. Da sottolineare inoltre il tema della terra, dalle cure verso l'orto che la ragazza apprende dal padre ad accudire, al prezioso valore delle fattorie di famiglia, che le danno sostentamento e la cui perdita rappresenta il punto di non ritorno. La colonna sonora si appoggia su alcune composizioni del clavicembalista settecentesco Jacques Duphly.
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