4 luglio 2016

Senso (Luchino Visconti, 1954)

Senso
di Luchino Visconti – Italia 1954
con Alida Valli, Farley Granger
***1/2

Visto in divx.

1866: nel Veneto occupato dagli Austriaci, alla vigilia della terza guerra di indipendenza, la contessa Livia Serpieri (Valli) – patriota e nazionalista – si innamora di un giovane ufficiale delle forze imperiali, il tenente Franz Mahler (Granger). Per lui arriverà a tradire la famiglia e i propri ideali: ma quando si renderà conto che l'uomo ha soltanto approfittato di lei, si vendicherà denunciandolo per diserzione. Da un racconto di Camillo Boito (fratello di Arrigo), rielaborato e adattato insieme a Susi Cecchi D'Amico, Visconti realizza il suo primo film a colori nonché la prima pellicola in cui mette da parte i temi del neorealismo per tuffarsi a piene mani nella descrizione di un ambiente a lui assai più congeniale, quello di un'aristocrazia in crisi perché ormai avviata al declino e alla decadenza ("Un intero mondo sparirà, quello cui apparteniamo tu e io. E il nuovo mondo non ha alcun interesse per me", afferma Franz in una delle scene chiave del film). Le sontuose scenografie, la grande cura nei costumi e nella ricostruzione storica, la qualità pittorica della fotografia (ispirata, pare, ai dipinti di Francesco Hayez: la scena in cui Livia e Franz si baciano nella villa di Aldeno ricorda in particolare proprio "Il bacio"), la colonna sonora (con brani della settima sinfonia di Bruckner) e la raffinata interpretazione della Valli contribuiscono a definire una nuova cifra stilistica per Visconti, che manterrà per il resto della sua filmografia e che lo porterà a capolavori come "Ludwig", "Il gattopardo" e "Morte a Venezia". Accolto da un grande successo di pubblico, e destinato a ritagliarsi un posto importante nella storia del cinema italiano, il film fu ferocemente osteggiato dalla censura e dal governo (il titolo originale, "Custoza", fu considerato "disfattista" da parte del ministero della difesa, mentre il sottosegretariato allo spettacolo impose il taglio di numerose scene d'amore ritenute "immorali" nonché il cambiamento del finale), anche per il rifiuto della retorica patriottistica con cui fino ad allora si era sempre raccontato il risorgimento, qui visto invece come "la fine di un'era", appunto, un momento di passaggio che reca con sé anche tragedia e disillusione. La descrizione della folle passione di Livia per Franz, che da donna idealista e pragmatica la trasforma in romantica e perduta, è raccontata in prima persona dalla stessa protagonista, con una voce narrante bassa e suadente (lo stesso tenente, a più riprese, la rimprovera di parlare troppo piano!). Se Livia, al momento del suo primo incontro con Franz, afferma "Non mi piace l'opera quando si svolge fuori scena", la vicenda di cui è protagonista è invece in tutto e per tutto degna di un melodramma. La pellicola si apre proprio in un teatro lirico, la Fenice di Venezia, mentre sulle note del "Trovatore" va in scena una manifestazione patriottica che aiuta subito a collocare la vicenda nel suo contesto storico. E gli sviluppi successivi ricordano a tratti opere come la "Tosca". L'impegno della produzione, oltre che dallo sforzo finanziario evidente nella ricostruzione d'epoca e nelle scene di battaglia, risalta anche dai collaboratori assoldati per l'edizione internazionale: alla sceneggiatura della versione inglese hanno collaborato anche Paul Bowles e Tennessee Williams. Come assistenti alla regia figurano Francesco Rosi e Franco Zeffirelli, entrambi a inizio carriera. L'operatore Giuseppe Rotunno diventerà il direttore della fotografia di fiducia di Visconti. Per il ruolo dei protagonisti, il regista milanese aveva pensato inizialmente a Ingrid Bergman e Marlon Brando. Quanto al resto del cast, Heinz Moog è il marito di Livia, Massimo Girotti è il cugino rivoluzionario Roberto, Rina Morelli è la governante, Marcella Mariani (che morirà l'anno seguente, in un incidente aereo, a soli 19 anni) è la giovane prostituta.

4 commenti:

Marco C. ha detto...

Giustamente ricordi che "Come assistenti alla regia figurano Francesco Rosi e Franco Zeffirelli, entrambi a inizio carriera". Entrambi prenderanno da questo film la cifra simbolica delle loro opere successive. Rosi dirigerà Uomini Contro e Zeffirelli il Romeo e Giulietta. In realtà è il medesimo film, cioè quello di Visconti, ma visto attraverso due occhiali diversi. Non è straordinario? Questa idea mi ha sempre affascinato. Immaginali che assistono Visconti per Senso. Infatti l'anima di Visconti è scissa nelle sue componenti dicotomiche Rosi/Zeffirelli. Ecco perché i critici del PC odiarono Il Gattopardo. Odiavano il piccolo Zeffirelli che c'era in Visconti.

Christian ha detto...

Grazie del commento! I rapporti e i debiti fra alcuni grandi registi italiani andrebbero senz'altro approfonditi (anche Bertolucci che comicia come assistente di Pasolini, per esempio). Qui ovviamente c'è tanto Zeffirelli in nuce, ma le critiche di cui parli erano certamente miopi: è Zeffirelli che nasce da Visconti, non il contrario...

Marco C. ha detto...

"anche Bertolucci che comincia come assistente di Pasolini". Verissimo! Dimenticavo i primi film pasoliniani di B. Manierismo all'ennesima potenza. Più pasoliniani di Pasolini. Come certi leonardeschi discepoli del Maestro. C'è tanto di simile tra Z. e V. Entrambi di nobili origini. Entrambi amanti di una sensibilità amorosa alla Sthendal. Giustamente critiche miopi dovute alla tematica, l'alta società, che non poteva piacere/interessare alla critica dell'epoca. Il Gattopardo recuperato in toto solo nell'ultimo decennio, alla scomparsa degli intellettuali di formazione marxista. Ho sempre trovato Zeffirelli superiore a Rosi e ancora rifletto su quale V. sia migliore.

Christian ha detto...

Anch'io sono ancora incerto su quale sia il miglior Visconti. Sono particolarmente affezionato a "Rocco e i suoi fratelli", forse sceglierei quello, anche se è più sulla vena neorealista che aristocratico-decadentista (qui ho simpatie anche per "Ludwig").