3 luglio 2016

La mafia uccide solo d'estate (Pif, 2013)

La mafia uccide solo d'estate
di Pif [Pierfrancesco Diliberto] – Italia 2013
con Pif, Cristiana Capotondi
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Visto in TV, con Sabrina.

Vent'anni di delitti e di vittime della mafia, visti attraverso gli occhi di un bambino (e poi ragazzo), che cresce nella Palermo degli anni ottanta e novanta. L'ex "Iena" televisiva Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, è co-sceneggiatore, regista e protagonista (almeno nella seconda metà del film: nella prima c'è Alex Bisconti, somigliantissimo, che lo interpreta da piccolo) di un'insolita commedia semi-autobiografica che mescola il paradosso e l'ironia con la ricostruzione – anche per mezzo di materiali di repertorio – delle stragi, dei funerali, dei processi legati a Cosa Nostra. Ogni momento della vita di Arturo (sin da quello del concepimento!) sembra incrociarsi con le vicende della criminalità organizzata: cresce fra l'omertà e le reticenze degli adulti che lo circondano (il titolo del film è una frase che gli dice il padre per rassicurarlo), sviluppa idee confuse sui boss e sui magistrati, individua ingenuamente il suo "eroe" in Giulio Andreotti (al punto di travestirsi da lui in una festa in costume e di appendere un suo poster in camera), ma il forte desiderio di comprendere la realtà e di raccontare la propria città lo porterà a diventare giornalista (è lui l'ultimo ad intervistare Carlo Alberto Dalla Chiesa). Il vero filo conduttore è però quello del suo amore per Flora, la compagna di classe di cui si invaghisce ma alla quale non ha mai il coraggio di dichiararsi. Dopo molti alti e bassi la ritroverà adulta, divenuta l'assistente personale di Salvo Lima (!) durante la campagna elettorale in Sicilia. A unirli sarà infine proprio la consapevolezza della reale portata della mafia e dei suoi delitti, la stessa che scuote i cittadini palermitani dopo le stragi di Capaci e di via d'Amelio di cui rimangono vittima i giudici Falcone e Borsellino. In un certo senso, dunque, Arturo e Flora rappresentano tutta la gente comune, coloro che dopo anni passati a fingere di non vedere e di non sentire si decidono finalmente a opporsi al potere della mafia. La pellicola si conclude con un omaggio alle tante vittime di Cosa Nostra. Il rischio di trovarsi di fronte a un pamphlet retorico è scongiurato non solo dai toni da commedia (il registro è lo stesso dei lavori televisivi dell'autore: ironico e documentaristico al tempo stesso) ma anche dalla sincerità e schiettezza con cui Pif affronta l'argomento, senza peraltro mai commettere l'errore opposto, quello di celebrare l'argomento e ammantare la criminalità organizzata di un'aura mistica e cool (al contrario, i boss sono esposti alla berlina e ridicolizzati: vedi Totò Riina che non sa usare il condizionatore d'aria). Il risultato è quasi una versione comica de "I cento passi", film nel quale un Pif alle prime armi era stato assistente alla regia.

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