Noriko's dinner table (Sion Sono, 2006)
Noriko's Dinner Table (Noriko no shokutaku)
di Sion Sono – Giappone 2006
con Kazue Fukiishi, Yuriko Yoshitaka
***
Visto in divx, in originale con sottotitoli.
La diciassettenne Noriko si sente soffocare dalla vita tranquilla e limitata della cittadina (Toyokawa) in cui vive, all'interno di una famiglia che non la comprende e con un padre con cui non ha un vero rapporto. Aspira a essere adulta, indipendente, ribelle, magari come l'amica d'infanzia Mikan-chan, che alla sua stessa età ha smesso di studiare e già lavora. Poco prima del Natale del 2001, la ragazza coglie l'occasione e fugge di casa, andandosene a Tokyo dall'amica Kumiko, conosciuta virtualmente sul web. Qualche mese più tardi, sua sorella minore Yuka farà lo stesso. Entrambe finiranno a lavorare per il "circolo" di cui Kumiko fa parte, un'organizzazione che fornisce "famiglie in affitto" a persone sole e disperate, recitando di volta in volta la parte delle loro figlie o parenti e ricreando quelle "famiglie perfette" che nella realtà non esistono. In seguito il loro padre Tetsuzo, giornalista locale che non si era mai interessato a nulla al di fuori del suo piccolo microcosmo, scosso dall'improvviso suicidio della moglie deciderà di partire alla loro ricerca... Come nel film precedente, Sono continua ad affrontare il tema dell'alienazione, del distacco e del malessere nella società giapponese, ma stavolta lo fa con un approccio più riflessivo e stratificato, meno horror e sopra le righe (anche se non mancano sequenze eccessive e surrealmente gore, che infatti stonano un po' rispetto al tono generale). Narrato come se fosse un romanzo, con tanto di divisione in capitoli, e con la voce narrante dei vari personaggi che raccontano le rispettive storie in prima persona come in un diario, il film si intreccia e si sovrappone a più riprese con un altro lavoro di Sion Sono, l'inquietante horror "Suicide club", di cui ripropone alcune sequenze e di cui, di fatto, riscrive il significato: il circolo dei suicidi di quella pellicola e l'organizzazione di cui Noriko e Yuka entrano a far parte (con i nomi d'arte di Mitsuko e Yoko) sono la stessa cosa, ma il suicidio non è la sua vera finalità. "Il club del suicidio è il mondo. Sfiorare la morte fa dare più valore alla vita", spiega un suo rappresentante. Le persone si suicidano solo se la parte che esse devono recitare lo richiede, proprio come in natura alcuni animali sono destinati al ruolo di vittima e altri a quello di predatore: è il "circolo della vita" (chi non ricorda la canzone de "Il re leone"?). In più, ci sono riflessioni sui temi dell'identità e della finzione (Kumiko si crea falsi ricordi per compensare il fatto di essere stata abbandonata da piccola in un armadietto a gettoni della stazione di Ueno; Noriko e Yuka cessano di essere sé stesse per diventare Mitsuko e Yoko; e proprio i ruoli da recitare all'interno dell'organizzazione diventano un veicolo di conoscenza di sé: "Se fate un buon lavoro, avrete accesso al vostro vero io", spiega Kumiko alle due sorelle) ma soprattutto un atto d'accusa sul ruolo stesso della famiglia, al cui interno i membri sono destinati alla solitudine per via della reciproca incomunicabilità. E da cui l'unica via d'uscita è la fuga, la rottura di quel cordone ombelicale simboleggiato dal filo rosso che penzola dal cappotto di Noriko e che la ragazza strappa con consapevolezza.
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