9 aprile 2014

A prova di errore (Sidney Lumet, 1964)

A prova di errore (Fail-safe)
di Sidney Lumet – USA 1964
con Henry Fonda, Dan O'Herlihy
***1/2

Visto in divx, con Sabrina.

In piena Guerra Fredda, il sistema automatizzato che gestisce la difesa degli Stati Uniti e le procedure per una rappresaglia in caso di attacco termonucleare da parte dei russi sembra davvero essere "a prova di errore". Eppure, qualcosa va storto: e uno stormo di sei bombardieri americani di stanza in Alaska, dotati ciascuno di due testate atomiche, riceve l'ordine irrevocabile di andare a bombardare Mosca. Dopo frenetiche consultazioni fra politici, scienziati e militari, il presidente degli Stati Uniti (Henry Fonda) telefona al suo omologo sovietico, offrendosi di aiutare i russi ad abbattere gli aerei americani. Ma quando uno dei bombardieri riuscirà ad eludere ogni difesa e raggiungere Mosca, al presidente non resterà che compiere un ultimo e terribile sacrificio pur di dimostrare la propria buona fede ed evitare lo scoppio della guerra. Thriller di fantapolitica tratto da un romanzo di Eugene Burdick ed Harvey Wheeler e uscito nello stesso anno de "Il dottor Stranamore" di Stanley Kubrick, ne propone praticamente la stessa storia (c'è persino un accenno a un ordigno "fine di mondo", in grado di contrattaccare anche dopo un'eventuale sconfitta) e ne affronta gli stessi temi, sia pure trattandoli in chiave drammatica e realistica anziché satirica e grottesca, al punto che ci furono cause incrociate: Peter George, autore del romanzo "Red Alert" da cui era stato tratto "Il dottor Stranamore", accusò Burdick e Wheeler di averlo plagiato, mentre Kubrick riuscì a convincere i produttori a ritardare l'uscita del film di Lumet, inizialmente prevista prima del suo (entrambe le pellicole erano curiosamente state messe in cantiere dalla Columbia Pictures). Eclissato, sia al momento della sua uscita che nel corso degli anni successivi, dalla fama del film di Kubrick, "A prova di errore" merita invece un convinto recupero, tanto come documento della tensione e della paranoia di quegli anni, di poco successivi alla crisi dei missili cubani (la descrizione dell'evolversi di una crisi nucleare lascia con il fiato sospeso), quanto per le sue qualità cinematografiche: merito del taglio teatrale della messinscena, della regia lucida di Lumet, delle scenografie asettiche, della recitazione intensa, e soprattutto della contrastata fotografia in bianco e nero di Gerald Hirschfeld, che si esalta nelle inquadrature claustrofobiche e nei primi piani ravvicinatissimi dei volti dei personaggi. Perdonabili alcune inaccuratezze dal punto di vista tecnico e militare, visto che il film venne girato con un budget assai limitato e senza alcuna assistenza da parte del dipartimento della difesa o dell'aviazione statunitense, che rifiutarono di collaborare per il timore di possibili ricadute negative.

La sceneggiatura di Walter Bernstein (sulla lista nera di McCarthy negli anni cinquanta per le sue simpatie di sinistra), che intende mostrare tutta la follia di una possibile guerra termonucleare, non mette a confronto le differenti ideologie fra russi e americani ma, anzi, le comuni paure, il desiderio di "fidarsi" e di fare di tutto pur di evitare una guerra. Eppure, e questo è il messaggio del film, la fiducia e il buon senso degli uomini potrebbero non bastare quando ci si affida troppo alle macchine e a un'organizzazione dove basta un piccolo errore (voluto o meno) per mettere in moto un meccanismo irrevocabile e fuori controllo. Quasi tutta l'azione si svolge in interni e in soli tre ambienti (il bunker sotterraneo della Casa Bianca, la sala conferenze del Pentagono e il quartier generale del comando strategico dell'aviazione militare), dai quali i personaggi si parlano attraverso telefoni e interfoni, e sui cui grandi schermi osservano (sembra un videogioco!) la posizione dei bombardieri e dei caccia su una mappa. I russi, al contrario, non si vedono mai sullo schermo, anche se si odono al telefono le voci del premier, di un ambasciatore e di alcuni generali. Fonda aveva recitato per Lumet già nel suo film d'esordio, "La parola ai giurati". Walter Matthau è lo scienziato (civile) guerrafondaio, Larry Hagman (il futuro J.R. di "Dallas") è il giovane interprete del presidente, mentre un quasi esordiente Dom DeLuise ha una piccola parte nei panni del sergente che viene costretto a rivelare ai russi le informazioni necessarie ad abbattere gli aerei americani. Completano il cast Dan O'Herlihy (il generale che apre e chiude la pellicola con il suo sogno "metaforico" sul matador), Frank Overton, Ed Binns e un eccellente Fritz Weaver alla sua prima apparizione sullo schermo nei panni di Cascio, il colonnello che a un certo punto rifiuta di obbedire agli ordini. Autoironica, e non certo rassicurante, la dicitura nei titoli di coda, con cui il ministero della difesa e l'aviazione degli Stati Uniti assicurano che un "rigido sistema di sicurezza e di controlli impedirebbe il verificarsi di eventi come quelli descritti nel film". Nella realtà, comunque, un ordine di attacco non sarebbe mai stato eseguito se non confermato a voce. Nel 2000 Stephen Frears ne ha fatto un remake per la televisione, trasmesso in diretta e sempre in bianco e nero, con George Clooney, Richard Dreyfuss e Harvey Keitel.

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