Qualcuno da amare (A. Kiarostami, 2012)
Qualcuno da amare (Like someone in love)
di Abbas Kiarostami – Giappone/Francia 2012
con Tadashi Okuno, Rin Takanashi
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Visto al cinema Eliseo, con Sabrina.
Akiko (Rin Takanashi), una studentessa universitaria che si prostituisce all'insaputa del geloso fidanzato Noriaki (Ryo Kase), viene inviata dal suo protettore (Denden) a casa di Takashi (Tadashi Oduno), un anziano insegnante di sociologia che vive da solo. Vedendoli insieme, Noriaki pensa inizialmente che l'uomo sia suo nonno, ma quando scopre la verità diventerà furibondo. Dopo "Copia conforme", che aveva girato in Italia (ma di produzione francese), Kiarostami realizza un altro film lontano dall'Iran, questa volta in Giappone, senza peraltro rinunciare al proprio stile semidocumentaristico e neorealistico, all'approccio esistenzialista e ai suoi marchi di fabbrica (prolungate conversazioni, sequenze che scorrono e si concatenano l'una nell'altra, ampio ricorso a scene ambientate in automobile, mille dettagli solo apparentemente insignificanti e altri, fondamentali, che rimangono impliciti). La trama si sviluppa in maniera al tempo stesso lineare (per lunghi tratti sembra quasi dipanarsi in tempo reale) e obliqua (lo spettatore resta talvolta in attesa di una spiegazione o di un colpo di scena che non si verificherà mai), fino a un finale improvviso, che giunge quasi come uno shock visto il ritmo rilassato del resto del film. E il titolo spiega già tutto sui temi della pellicola: il disperato bisogno non tanto di amore quanto di "qualcuno da amare", per superare la solitudine e il dolore dell'esistenza. Questo vale per Akiko (bellissima la scena del mancato incontro con la nonna, giunta a Tokyo dalla campagna per rivederla), per Noriaki (il cui amore per Akiko sconfina nell'ossessione), ma soprattutto per l'anziano Takashi, che vive da solo (la moglie è morta, la figlia e la nipote non vengono mai a trovarlo), e che cerca nella ragazza non una notte di sesso ma soltanto compagnia. Il resto sono squarci di grande cinema (la scena del viaggio in taxi di Akiko, con le luci e le insegne di Tokyo che si riflettono sul finestrino, e il doppio giro dell'auto attorno alla piazza della stazione per permettere alla ragazza di vedere – se pur a distanza – la nonna) e dialoghi naturalistici (che nascono spesso da incontri casuali e inaspettati, come quelli fra Noriaki e Takashi mentre aspettano Akiko davanti all'università; fra Takashi e il suo ex alunno nell'autofficina; fra Akiko e la vicina impicciona davanti alla casa di Takashi), a compensare quell'elusività (vera o apparente) che potrebbe respingere uno spettatore non abituato allo stile del regista, qui perfettamente a proprio agio con il setting nipponico.
1 commento:
E' un film da rivedere con calma per coglierne il senso, molto più profodo dell'apparente casualità e quasi banalità delle circostanze che coordinanao la vita di questi personaggi, colti in un breve frammento di esistenza, che però serve a darci la visione del regista sul senso stesso di tutta la loro (e forse la nostra) vita.
Il titolo "Qualcuno da amare" e il lungo girovagare in macchina ne svelano la filosofia nascota: sono (siamo) tutti alla ricerca di qualcuno da amare, che ci sfugge e che a sua volta aspetta o ricerca un altro.
La nonna aspetta inutilmente l'amata nipotina, Noriaki insegue Akiko cercando di fermarla col matrimonio, Takashi, trascurato da figlia e nipote, paga ad un'estranea una serata e una notte di calore, la vicina impicciona rivela la sua lunga aspettativa delusa di un amore per il professore totalmente disinteressato a lei...
La più enigmatica e centro passivo di tali caroselli è Akiko, che sfugge a tutti, anche se ha molta nostalgia per la nonna, quasi intrappolata dalla volontà del gestore-protettore che la utilizza per i suoi affari con molto cinismo, mascherato da benevolenza quasi paterna.
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