New Dragon Gate Inn (R. Lee, 1992)
New Dragon Gate Inn (Sun lung moon hak chan)
di Raymond Lee – Hong Kong 1992
con Maggie Cheung, Brigitte Lin, Tony Leung Ka-fai
***
Rivisto in DVD alla Fogona, in originale con sottotitoli inglesi.
Remake del classico "Dragon Gate Inn" di King Hu (1967), realizzato dalla factory di Tsui Hark in piena "new wave" hongkonghese ("Once upon a time in China" era uscito appena l'anno precedente) e con un cast pieno di stelle. La regia è accreditata al solo Raymond Lee, un carneade, ma pare che in realtà il coreografo Ching Siu-tung e lo stesso Tsui Hark abbiano diretto numerose scene. Anche se la sceneggiatura presta maggior attenzione al lato intimo dei personaggi e alle relazioni fra di loro, rispetto alla pellicola originale lo scheletro della vicenda cambia ben poco: all'epoca della dinastia Ming, il perfido eunuco Cao fa sterminare la famiglia di un ministro ribelle e intende usare i suoi figli come esca per attirare in trappola i suoi alleati. Presso la Locanda del Drago, desolato avamposto dalle pareti di fango e dai pavimenti di legno che sorge praticamente nel nulla fra il deserto e le montagne ai margini dell'impero, si ritrovano così sotto false identità tanto i seguaci del ministro deposto quanto gli agenti segreti inviati da Cao, costretti a una prolungata e difficile convivenza a causa del maltempo che imperversa all'esterno; al gioco di duelli notturni segreti e silenziosi partecipa però anche una terza fazione, quella guidata dalla seducente Jin (una Maggie Cheung splendida e ammiccante), proprietaria della locanda e in realtà capo di un gruppo di banditi che non esitano ad uccidere gli ospiti sgraditi e ad usarne i cadaveri per preparare la cena! L'aggiunta di un pizzico di sesso e di gore rende il film più vicino al gusto dello spettatore moderno, come testimonia anche lo stile che fa ampio uso di ralenti e wire work per mettere in scena combattimenti "volanti" e irrealistici, più spettacolari ma anche più confusi e meno rigorosi rispetto a quelli del film originale. Straordinari i paesaggi di frontiera, con il deserto roccioso la cui polvere sollevata dalle tempeste di sabbia o dai cavalli al galoppo contribuisce a rendere quasi oniriche le scene d'azione, che sembrano così svolgersi davvero ai confini del mondo conosciuto. In più c'è anche una sottotrama romantica e melò, con il triangolo fra il prode Tony Leung Ka-fai, la sua amata Brigitte Lin (che, come spesso le capita, si traveste da uomo per tutto il film) e la "terza incomoda" Maggie Cheung, subdola e intrigante. Imperdibile, in particolare, il combattimento-spogliarello fra le due attrici. Nel finale il film si colora anche di grottesco, con il cuoco dazi (una minoranza etnica del nord della Cina) – fino ad allora personaggio del tutto secondario – che spunta dalla sabbia nel momento in cui il cattivo sembra trionfare e "spolpa" gamba e braccio con il suo coltellaccio al malcapitato Donnie Yen. La fotografia, che sarebbe piaciuta a Ridley Scott, sfrutta la luce che filtra dalle pareti e i granelli di polvere sospesi nell'aria per costruire un'atmosfera onirica e ovattata, dominata dal colore bianco e a tratti anche più claustrofobica di quella del suo predecessore.
0 commenti:
Posta un commento