8 febbraio 2009

Seduzione mortale (O. Preminger, 1952)

Seduzione mortale (Angel face)
di Otto Preminger – USA 1952
con Robert Mitchum, Jean Simmons
***1/2

Visto in DVD.

Frank, conducente di ambulanze ed ex pilota automobilistico, viene assunto come autista presso una ricca famiglia di Beverly Hills e diventa l'amante di Diane, la giovane figlia del padrone (uno scrittore fallito che si è risposato con una miliardaria). Ma la ragazza, che detesta la matrigna, cerca di coinvolgerlo nell'assassinio della donna. Un bel noir, pieno di fascino e di momenti memorabili, realizzato su commissione da Preminger (che era stato "prestato" dal suo solito produttore Darryl F. Zanuck alla RKO di Howard Hughes) in soli diciotto giorni, dopo aver riscritto la sceneggiatura che all'inizio aveva trovato "orrenda". Il risultato, invece, verrà definito dallo stesso regista "un incidente interessante": in realtà è uno dei suoi lavori migliori, disilluso e pessimista, ricco di personalità e di fatalismo. Con una regia elegante, sicura ed efficace, aiutata dalla grande interpretazione dei due protagonisti (per la Simmons, imposta dalla produzione, si trattava del primo film americano) e dall'ottima colonna sonora di Dimitri Tiomkin, Preminger sforna una pellicola che se da un lato sembra aderire perfettamente alle regole del genere (vedi il "perdente" interpretato da Mitchum con la sua consueta fisicità, che non riesce a evitare di farsi coinvolgere negli intrighi della femme fatale nonostante sia consapevole che "il testimone innocente è sempre quello che ci rimette"; ma anche la contrapposizione fisica e morale fra le due figure femminili che si contendono Frank, Diane e la sua fidanzata Mary, l'una bruna e tormentata e l'altra bionda e solare), dall'altro se ne discosta soprattutto per il personaggio della Simmons, dark lady atipica e ossessionata, ambigua e votata all'autodistruzione, che si pente delle sue azioni e non regge al peso della propria coscienza (splendida la scena in cui si aggira silenziosa per la casa ormai vuota). Il senso di ineluttabilità è accresciuto anche dalla consapevolezza delle imposizioni del codice Hays, che costringeva gli sceneggiatori dell'epoca a punire in qualche modo i "cattivi". Debitore forse per alcuni spunti a "Femmina folle" e a "Il postino suona sempre due volte", il film potrebbe aver ispirato a sua volta il finale di "Jules e Jim" di Truffaut (che lo conosceva e lo amava molto).

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ciao Christian, hai ragione, questi film sono più stimolanti dei contemporanei, o forse sono io che ne sento particolarmente il fascino... Forse oggi hanno meno da dire perché è stato già detto e fatto moltissimo in quegli anni, nel cinema! Allora si ricorre ad altro per stupire il pubblico, e si perde in finezza, magari, tranne eccezioni, naturalmente.
Ho Trovato 'his girl Friday' :D
Non ho trovato 'One hour with you' :(
Ho appena visto un film di Douglas Sirk che mi ha piacevolmente sorpresa, un po' fuori dal suo solito, credo ne scriverò.
Oh, l'altro giorno mi sono dimenticata di dire qualcosa sul penultimo post! io apprezzo parecchio Ang Lee, è un regista versatile, direi, e poi.. il mio blog precedente si chiamava 'la tigre in agguato e il drago nascosto' ...a buon intenditor... quando ho visto 'latigre e il dragone me ne sono innamorata' e anche del proverbio cinese, di cui ho fatto il titolo del mio blog di prima...e francamente, visto che ami il cinema orientale anche tu: io non capisco chi considera la tigre e il dragone un film 'rozzo' e 'incompiuto' (letto sul web, in molti siti e anche blog). Io non sono d'accordo: innanzitutto è una fiaba, se ci sono combattimenti in volo sopra gli alberi...bè, ci sono anche in Hero di Zhang Yimou, combattimenti volanti...e poi, riguardo al finale non proprio lieto...ma che c'è di male? A parte che credo faccia parte della tradizione narrativa orientale, che le storie molto spesso non siano a lieto fine, dimmi se sbaglio.
Comunque, magari ne riparliamo...
Ciao!

Christian ha detto...

Sul fascino dei vecchi film siamo perfettamente d'accordo! Non a caso, anche tra i film odierni mi piacciono particolarmente quelli con un'impostazione (o una "forma") più classica. E questo ci porta dritti ad Ang Lee: sono felice di trovare altri estimatori del regista taiwanese, che ha fatto molti ottimi film (da "Tempesta di ghiaccio" a "Ragione e sentimento", passando naturalmente per "Lussuria" e "Brokeback Mountain"). Devo confessarti però che, fra i suoi tanti lavori, "La tigre e il dragone" – pur piacendomi – non è fra i miei preferiti. Ovviamente non per le critiche che citi tu, che in effetti lasciano il tempo che trovano, quanto per il fatto che mi è sembrato un po' un "bigino" del wuxiapian a uso e consumo degli spettatori occidentali (e lo testimonia anche la scelta degli attori). L'ho visto una sola volta, però, magari me lo riguarderò per cercare di rivalutarlo.