L'albero della vita (D. Aronofsky, 2006)
L'albero della vita (The fountain)
di Darren Aronofsky – USA 2006
con Hugh Jackman, Rachel Weisz
*1/2
Visto in DVD.
Già non ero fra quelli che si erano stracciati le vesti di fronte ai precedenti lavori di Aronofsky (anche se "Requiem for a dream" non mi era dispiaciuto), figuriamoci quanto poco possa avermi entusiasmato questo confuso polpettone misticheggiante, colmo di cialtronerie new age e di deliri storici e scientifici. E pensare che il regista ha lavorato parecchi anni (la gestazione del film risale al 1999 e inizialmente avrebbe dovuto intepretarlo Brad Pitt) per partorire un simile cumulo di banalità sull'amore e la morte, mescolando la leggenda della fontana dell'eterna giovinezza con il mito biblico dell'albero della vita (per una volta il titolo italiano non è a sproposito). Ma se il film è essenzialmente palloso e decisamente presuntuoso, pieno com'è di simboli vuoti e di immagini cortocircuitanti, devo anche ammettere che presenta un certo fascino dal punto di vista dell'estetica e persino della narrazione, così ipnotica, onirica e richiusa su sé stessa, e che nei giorni successivi alla visione può lasciare un retrogusto piacevole. Persino i due interpreti si salvano: Jackman veste i panni di un improbabile ricercatore che tenta disperatamente di trovare una cura per la moglie morente, scoprendo che la corteccia di una pianta sudamericana fa ringiovanire un macaco malato di tumore: la sua storia si intreccia con quella – narrata dalla moglie in un libro – di un conquistador spagnolo inviato dalla regina Isabella nel Nuovo Mondo a cercare l'albero della vita per salvare la Spagna dall'inquisizione (!) e con quella – forse sognata, forse proveniente dal futuro – di un misterioso viaggiatore astrale che medita a gambe incrociate all'interno di una bolla di sapone (sicuramente la parte più indifendibile del film). A parte i pochi pregi, resta essenzialmente una pellicola sbagliata che si merita più pernacchie che tentativi di analisi critica.
7 commenti:
Ne parli talmente male che un po' mi incuriosisce.
Ma visto che quasi sempre seguo i tuoi consigli è difficile che perda tempa a guardarlo.
Se vuoi te lo presto, non si sa mai che ti piaccia... ^_^ In fondo, come spesso diciamo, a volte è meglio vedere un brutto film che però rimane impresso piuttosto che uno di livello medio ma insignificante.
Brutto... palloso... confuso... vegetativo... e' come fissare un tappo di plastica intensamente sperando che diventi una pepita. Dimenticabile come un unghia tagliata.
Mi piacciono sempre le tue metafore, Carlo! ^_^
prevedevo la boiata, infatti l'ho evitato. continuerò così.
Beh, questo lo lascio perdere allora. A dir la verità non mi ispirava molto già da prima.
Mario e Roberto, fate come vi detta il vostro cuore (o cervello): non vorrei essere considerato io il responsabile di avervi fatto perdere il film culto della vostra vita!
Posta un commento