I senza nome (J.P. Melville, 1970)
I senza nome (Le cercle rouge)
di Jean-Pierre Melville – Francia/Italia 1970
con Alain Delon, Gian Maria Volontè, Yves Montand
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Visto in DVD.
"Se due uomini sono destinati a incontrarsi un giorno, inevitabilmente lo faranno in questo cerchio rosso": inizia così, con una finta frase che il Buddha avrebbe pronunciato dopo aver tracciato un cerchio per terra con il gessetto, il penultimo film di Melville (che già aveva fatto ricorso a una finta citazione del bushido per aprire il suo "Frank Costello faccia d'angelo"). I due personaggi che il caso porta a incontrarsi nel cerchio (metaforicamente costituito dai posti di blocco della polizia che delimitano una regione della campagna francese) sono Corey (un baffuto Alain Delon), ex galeotto appena uscito di prigione, e Vogel (Volontè), pregiudicato scappato dal treno che lo stava trasportando in carcere e che si rifugia proprio nel portabagagli dell'automobile del primo. Insieme a un ex poliziotto alcolizzato (un grande Yves Montand, il migliore del cast) tenteranno un audace furto a una gioielleria di Place Vendôme, ma dovranno vedersela con l'ostinato commissario Mattei (Bourvil, al suo ultimo film) che dà loro la caccia in ogni modo. Classico come impostazione, efficace nel mettere in scena "un mondo notturno dominato da figure solitarie", è la summa del polar (il noir poliziesco alla francese) secondo il regista, che affermò di avervi inserito tutte le 19 situazioni 'tipiche' del genere. Proprio 19, sì, non una di più o di meno, che Melville avrebbe catalogato personalmente e che aveva già usato nei suoi precedenti film, ma mai tutte insieme in una sola pellicola. Se Delon è giustamente il personaggio più melvilliano, silenzioso ma attento, che abbandona le foto della sua ex donna (l'unica fugace presenza femminile in un universo maschile) nella cassaforte del socio dopo aver capito di essere stato ormai tradito, Volontè tratteggia in maniera essenziale un sempre imprevedibile killer italiano, Bourvil fa quello che deve fare con la sua faccia da poliziotto e Montand propone una figura tormentata da delirium tremens, allucinazioni e incubi di ragni, topi, insetti e serpenti che lo assalgono sul letto. Ma restano impressi anche i personaggi minori, dal capo della polizia convinto che "tutti gli uomini sono colpevoli: nascono innocenti, ma non dura a lungo", al barman Santi che il commissario tenta ripetutamente di corrompere. Magistrale la lunghissima sequenza muta della rapina notturna (quasi mezz'ora, praticamente in tempo reale).
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