La madre (Vsevolod Pudovkin, 1926)
La madre (Mat)
di Vsevolod Pudovkin – URSS 1926
con Vera Baranovskaya, Nikolai Batalov
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Visto su YouTube, con cartelli sottotitolati in inglese.
Quando il figlio Pavel, che lavora come operaio, viene arrestato per aver partecipato a uno sciopero (nel corso del quale il marito, al soldo dei padroni della fabbrica, rimane ucciso negli scontri con i rivoltosi), pur di salvargli la vita la madre lo consegna alle autorità. Questo non risparmia a Pavel un processo farsa che lo condanna ai lavori forzati. Pentitasi di averlo tradito, la donna si unirà ai rivoluzionari in marcia il Primo Maggio verso la prigione per liberare il figlio e gli altri operai incarcerati, sfidando anche i colpi dell'esercito dello zar. Dal romanzo di Maksim Gorkij ambientato durante la rivoluzione russa del 1905, il primo capolavoro muto di Pudovkin, capitolo iniziale di una trilogia sul tema dello sviluppo di coscienza sociale da parte del popolo (i film successivi saranno "La fine di San Pietroburgo" e "Tempeste sull'Asia"). Pudovkin era allievo di Lev Kuleshov, teorico che vedeva nel montaggio l'elemento fondamentale del linguaggio cinematografico, in contrapposizione a coloro che invece ritenevano che il cinema dovesse mantenere una visione naturale e documentaristica, senza manipolare le immagini o il flusso della narrazione. Qui la scelta e l'abbinamento delle inquadrature, l'espressività degli attori, le suggestioni e le metafore (si pensi alla marcia dei rivoltosi, alternata con immagini della banchina ghiacciata che si scioglie o va in frantumi, simbolo della "primavera" che avanza) concorrono nel portare avanti una comunicazione diretta con lo spettatore. Memorabile, in generale, tutto il finale, con la cavalcata dei soldati dello zar che travolge la folla e la bandiera rossa che, agli occhi della madre, sventola in cima al palazzo. Si trattava soltanto del secondo film di Pudovkin, ma tecnicamente è già ad altissimi livelli. Restaurato dalla Mosfilm nel 1968, con l'aggiunta di una colonna sonora di Tikhon Khrennikov.
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