8 gennaio 2015

Pensavo fosse amore... invece era un calesse (M. Troisi, 1991)

Pensavo fosse amore... invece era un calesse
di Massimo Troisi – Italia 1991
con Massimo Troisi, Francesca Neri
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Visto in divx, con Sabrina.

Alla vigilia del matrimonio con Cecilia (Neri), dopo due anni di fidanzamento, Tommaso (Troisi) viene improvvisamente lasciato dalla capricciosa ragazza. Non se ne farà una ragione e cercherà in ogni modo di riconquistarne l'amore, anche ricorrendo a una "fattucchiera". Alla fine Cecilia, che nel frattempo si era messa con l'esuberante Enea (Marco Messeri), tornerà da lui e sarà pronta a sposarlo. Ma a questo punto sarà Tommaso ad accorgersi di non amarla più come una volta... Il quarto e ultimo film diretto e interpretato da Troisi (quinto se contiamo anche "Non ci resta che piangere", realizzato in coppia con Roberto Benigni) ruota tutto intorno all'amore, sentimento difficile da definire e da comprendere. Amedeo (Angelo Orlando), l'amico libraio ultrareligioso di Tommaso, ha addirittura il compito di scrivere una breve "dispensa" sull'argomento, trovando non poche difficoltà, mentre attorno alla vicenda principale si dipanano diverse trame secondarie relative ad amici che si lasciano (Giorgio e Flora), che cominciano nuove relazioni (lo stesso Amedeo, proprio con Flora), che si fidanzano (il giovane pescatore, consigliato da Tommaso di ispirarsi a Shakespeare per convincere il riottoso padre di lei), che sperimentano (l'adolescente Chiara, sorella di Amedeo, che ricorre addirittura al veleno o al voodoo pur di legare a sé i vari uomini di cui si innamora),che ignorano le differenze di età (oltre a Chiara, c'è la madre di Cecilia, che si fidanza sempre con uomini più giovani di lei). Non a caso, visto il tema, il ristorante gestito da Tommaso si chiama "Giulietta e Romeo". E l'amore, lungi dall'essere descritto come uno stato idilliaco, mette in mostra anche le sue altre facce: i bisticci, le gelosie, le incomprensioni, i ricatti, i tradimenti... Ma di fronte a un argomento tanto vasto, il film non riesce ad andare oltre la banalità e nel complesso è il meno bello e memorabile fra tutti i lavori di Troisi, quello che fa meno ridere (le gag o semplicemente le frasi da ricordare si contano sulle dita di una mano: "Perché siete tutti così sinceri con me? Che cosa vi ho fatto di male?") o riflettere. Preziosa, come sempre, l'ambientazione napoletana (qui, in particolare, siamo nel Borgo Marinari, accanto a Castel dell'Ovo). Musiche (con la canzone "Quando") di Pino Daniele. Metaforico l'incipit (la rottura della statua che rappresenta uno sposo) come il finale (con il bar pieno di coppie felici, oltre a Tommaso che siede a un tavolo da solo). Quanto al significato di quel "calesse" nel titolo, lo stesso Troisi lo ha spiegato in un'intervista: «Perché calesse?... Per spiegare al meglio la delusione di un qualcosa le cui aspettative non sono state mantenute poteva essere usato un qualsiasi altro oggetto, una sedia o un tavolo, che si contrappone come oggetto materiale all'amore spirituale che non c'è più. Mi piaceva e poi si possono trovare tante cose con il calesse: si va piano, si va in uno, si va in due, ci sta pure il cavallo... Quando non è più amore ma "calesse", bisogna avere il coraggio della fine, piano piano, con dolcezza, senza fare male... Ci vuole lo stesso impegno e la stessa intensità dell'inizio. Le storie d'amore non mancano mai nei film, quindi farne un'altra mi sembrava una cosa né stupida, né eccezionale ma raccontata in questi termini mi incuriosiva».

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