Una pagina di follia (T. Kinugasa, 1926)
Una pagina di follia (Kurutta ippeiji)
di Teinosuke Kinugasa – Giappone 1926
con Masao Inoue, Eiko Minami
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Visto su YouTube.
All'inizio degli anni '20 Teinosuke Kinugasa vide la sua carriera di onnagata (attore specializzato in ruoli femminili) messa in pericolo dall'avvento delle prime attrici donne nel cinema giapponese, di cui era inizialmente uno strenuo oppositore, e fu dunque costretto a riciclarsi come regista. Questo film, a lungo ritenuto perduto e di cui l'autore stesso ritrovò per caso una copia nel suo magazzino nel 1971, è forse il più celebre e significativo del suo periodo muto, un magnifico esempio di pellicola sperimentale e d'avanguardia, con evidenti influenze dell'impressionismo francese (come i lavori di Abel Gance e Marcel L'Herbier). Priva di cartelli e di intertitoli (la storia veniva raccontata agli spettatori dai benshi, narratori fisicamente presenti in sala, un'usanza tipica del cinema muto nipponico), la vicenda può essere inizialmente ostica da seguire; ma la potenza delle immagini, il montaggio rapidissimo e l'intervento di alcuni flashback chiarificatori consentono anche a uno spettatore odierno di immergervisi a 360 gradi, superando ogni ambiguità e anzi inglobandole nell'esperienza complessiva. Ambientato in un istituto psichiatrico per malati di mente, il film ci mostra un anziano inserviente che sembra avere particolarmente a cuore le sorti di una paziente: si tratta di sua moglie, impazzita dopo aver tentato di affogare il proprio figlio. Fra gli altri ricoverati spicca invece una giovane ballerina, la cui danza incessante e frenetica fa da filo conduttore all'intera vicenda. Visivamente impressionante (con ampio uso di sovrimpressioni, distorsioni e altri effetti ottici per rendere sullo schermo la percezione deformata del mondo da parte dei pazienti psichiatrici), con una fotografia che gioca con luci e ombre, una macchina da presa estremamente mobile (l'operatore, Kōhei Sugiyama, rimarrà un collaboratore abituale di Kinugasa) e un mood che oscilla in continuazione fra percezioni oggettive e soggettive, fra il surreale-onirico (la follia e le allucinazioni dei pazienti) e la realtà tragica e concreta (i ricordi del protagonista, l'ambiente dell'ospedale), il film reca con sé un'impronta di incredibile modernità e rappresenta un'esperienza visiva senza pari, una sorta di "Caligari" orientale, se possibile ancora più sofferto ed espressivo: a tratti pare addirittura un precursore delle correnti sperimentali degli anni '60 e '70. Memorabile l'incipit notturno con la pioggia (e le illusioni della ballerina), la "rivolta" dei pazienti in preda all'entusiasmo per la performance della danzatrice, e naturalmente la scena altamente metaforica delle maschere nel finale. Impressionante la recitazione degli attori che interpretano i pazienti. La copia oggi esistente (60') è più breve di quella originale, tagliata forse dallo stesso regista. Al soggetto e alla sceneggiatura avrebbe collaborato Yasunari Kawabata, premio Nobel per la letteratura, a quei tempi figura di spicco del movimento letterario Shinkankaku ("Neo-sensazionalismo").
2 commenti:
molto interessante, non lo conoscevo per nulla. me lo vedrò nei giorni prossimi. grazie della dritta
È un film parecchio insolito, che merita la visione! ^^
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