7 maggio 2014

Nymphomaniac (Lars von Trier, 2013)

Nymphomaniac (id.)
di Lars von Trier – Danimarca/UK/D/B 2013
con Charlotte Gainsbourg, Stellan Skarsgård
**1/2

Visto al cinema Uci Bicocca, con Sabrina.

Charlotte Gainsbourg, l'unica attrice "sopravvissuta" a più di un film con Lars von Trier (è infatti già alla sua terza collaborazione con il regista danese, mentre le varie Emily Watson, Björk, Nicole Kidman, Bryce Dallas Howard e Kirsten Dunst non hanno "retto" oltre la prima prova), interpreta la nifomane Joe, che dopo essere stata ritrovata pesta e sanguinante in un vicolo dal mite e colto Seligman (Stellan Skarsgård) gli racconta – come in un'unica e lunga seduta di psicanalisi, o come davanti a un prete nel confessionale – i retroscena della propria vita "peccaminosa": dalla scoperta della sessualità in età acerba, all'utilizzo di questa per "collezionare" più uomini possibili; dal rapporto con il padre (Christian Slater), che le ha insegnato l'amore per la natura, a quello con Jerome (Shia LeBeouf), l'unico uomo che abbia mai davvero amato; dai tentativi di trovare nuove strade per risvegliare il piacere sessuale, fino alla serie di eventi che l'hanno condotta fin lì. Distribuito nelle sale cinematografiche diviso in due parti (denominate "Vol. I" e "Vol. II", come in "Kill Bill", ma in questo caso più propriamente come due tomi di un romanzo, per la precisione un Bildungsroman), a loro volta divise in "capitoli" (otto in totale, cinque nel primo film e tre nel secondo: 5 e 3 sono numeri ricorrenti), il terzo film della cosiddetta "trilogia della depressione" di LVT (dopo "Antichrist" e "Melancholia") ha apparentemente un solo filo conduttore: la vita sessuale della protagonista. La sua ninfomania è un po' una scelta consapevole e un po' una dipendenza, come quelle dall'alcol o dal fumo, e a tratti sembra quasi un pretesto per imbastire una serie di variazioni sul tema che sfiorano tutti i tipi di perversione sessuale (dal sadomadochismo alla pedofilia, passando per il sesso interrazziale o il lesbismo). Ma Von Trier, lo sappiamo, è un furbone, abituato da sempre a giocare con lo spettatore, a stimolarne le attese e poi a spiazzarlo scompigliando le carte. E con "Nymphomaniac" sembra aver dato il meglio di sé, a partire dalla campagna di marketing e dalle locandine che presentavano il film come estremamente scandaloso, facendo credere di trovarsi di fronte a un "porno d'autore", salvo poi permettere che nelle sale giungesse una versione "censurata e ridotta" (ma cosa potranno aggiungere, a livello di significato, le eventuali scene di sesso che sarebbero state tagliate?). In realtà, come già in "Dogville" e in generale in tutti i film del buon Lars, il vero senso del film sta nei suoi sottotesti, più o meno nascosti: quello religioso (il finale, come ha fatto notare marco c. in un commento sotto questo post, può legare il lungometraggio al precedente "Antichrist", con la donna che torna nel suo ruolo diabolico di corruttrice dell'innocente) o quello sociale (ancora una volta la donna è una vittima della società: Seligman commenta giustamente come il nostro giudizio sulle sue vicende sarebbe diverso se lei fosse stata un uomo e le sue conquiste fossero state femminili).

Nel primo volume la narrazione di Joe è accompagnata – più che da un progressivo approfondimento del personaggio – da metafore talmente esplicite (la pesca alla mosca, la polifonia di Bach) da essere persino illustrate sullo schermo a più riprese. Il risultato ricorda quasi un film di Peter Greenaway: le sovrimpressioni di numeri e di diagrammi, le ricorrenze (i suddetti 5 e 3), gli split screen, le divagazioni colte (Poe, Bach, i numeri di Fibonacci), l'elenco degli amanti (quasi tutti i personaggi – con la notevole eccezione di Jerome – sono indicati soltanto con la lettera iniziale del nome: B, G, H, ecc.) e in generale la "catalogazione" degli episodi della propria vita (episodi significativi ma non "formanti": spesso Joe sottolinea che i vari eventi non l'hanno cambiata e che la sua natura è sempre stata la stessa sin dall'inizio) sono però elementi che in Greenaway sovrastano la storia, spesso solo un pretesto, mentre in questo caso siamo di fronte all'esatto contrario. Nel secondo volume, poi, LVT abbandona gradualmente queste distrazioni (la stessa Joe, dopo l'ennesima divagazione di Seligman, afferma: "Questa è stata una delle sue disgressioni più deboli") e guida lo spettatore più a fondo nel personaggio, che si barcamena fra visioni mistiche, crisi personali e vani tentativi di autoanalisi. Probabilmente il modo migliore per gustarsi "Nymphomaniac" sarebbe quello di guardarlo tutto di fila, visto che più si accumulano i capitoli e gli episodi raccontati e più l'insieme acquista "spessore" e fisionomia: è come se il suo valore fosse "quantitativo", ovvero dato dalla somma delle parti (proprio come Joe sente di aver avuto in fondo un solo amante, la somma di tutti gli uomini che ha conosciuto). Al di là del marketing, la scelta di dividere la pellicola in due parti risulta dannosa (è come interrompere a meta un romanzo, appunto, o un amplesso). La fotografia, in cui dominano il beige e i toni smorti (il quarto capitolo è addirittura tutto in bianco e nero), dona all'insieme un sapore vetusto e polveroso come i libri di Seligman (significativa è anche l'assenza di una precisa collocazione temporale delle vicende). Nella colonna sonora ricorrono il valzer di Shostakovich (già usato da Kubrick nel suo "Eyes Wide Shut") e l'hard rock dei Rammstein. Quanto al comparto attoriale, è da ammirare la prova di Stacy Martin (che interpreta Joe da giovane, e dunque vera protagonista del Vol. I), mentre la struttura episodica del racconto lascia spazio qua e là a numerosi comprimari: nel primo volume spiccano Uma Thurman, Sophie Kennedy Clark, Hugo Speer e vari attori danesi (fra i quali Jens Albinus e Jesper Christensen), nel secondo Jamie Bell, Jean-Marc Barr, Udo Kier, Mia Goth e Willem Dafoe. Le scene di sesso sono simulate, mediante l'utilizzo di controfigure (fra cui attori porno), di protesi e persino di effetti digitali. Fra i ringraziamenti finali, spicca quello a Tarkovskij, del quale non mancano alcune citazioni (l'icona di Rublëv, il titolo "Lo specchio").

6 commenti:

Jean Jacques ha detto...

Alta indifferenza, mi è sembrata una furbata ben mascherata. Unica scena davvero estrema è quella con Uma Thurman: niente finti scandali o altro, solo una gran prova di attrice.

Christian ha detto...

Per me è meno dirompente dei film precedenti, ma se si sta al gioco e si accettano le "finte" provocazioni di Lars, ci sono comunque diversi spunti interessanti (soprattutto nella seconda parte).

marco c. ha detto...

Riporto la parte seguente: "...quello sociale (ancora una volta la donna è una vittima della società: Seligman commenta giustamente come il nostro giudizio sulle sue vicende sarebbe diverso se lei fosse stata un uomo e le sue conquiste fossero state femminili)". Non sono convinto. Ricordo benissimo che mentre vedevo la scena ho immediatamente pensato al Don Giovanni di Mozart. Nella scena finale col Commendatore il peccatore viene giudicato, ed è un uomo.
Io la ribattezzerei: trilogia della corruzione. Il numero 8 che torna sempre; il neonato che ride come nel Faust di G; etc. Tra l'altro, l'aspetto che si coglie meglio è che la storia è surreale. Hai presente quando racconta di essere andata sulla cima della montagna? Non è realistico. Secondo me ha un significato escatologico, come ne "La Montagna Sacra" di J. o nella Commedia di D. In questo caso la montagna ritorna come nel primo film, dove c'era la montagna e una Natura non benigna. E' una assisi rovesciata dove in cima c'è il cappio per il suicidio. Secondo me è un trittico medievale, come sono frequentissimi nelle chiese nord-europee da dove proviene LVT. Sono dei pannelli di legno giunti insieme che si aprono ad armadio. Ognuno dei tre pannelli narra una storia ma vanno visti insieme. Così si deve fare per questa trilogia, la quale infatti è una citazione medievale a partire dal primo film con il bestiario tipico di quel periodo (vedi la lonza dantesca che qui è la volpe http://it.wikipedia.org/wiki/Lonza_(animale)) e che prosegue con l'apocalisse cioè la sollevazione spirituale e che si conclude con il sacrifico (inutile che dica che penso a Tark.).
Ci sarebbe da scrivere un saggio su questi 3 film, che visti come unicum rappresentano un'opera magistrale. Forse mi sbaglio, magari vedo cose che in realtà sono solo aspetti travisati, ma quando un'opera è cultura allora solleva domande. E questo film ne solleva tante e genera numerose opinioni che sono esse stesse cultura.
Ah, comunque grazie per il link-citazione :D massimo imbarazzo!

Christian ha detto...

Solo un piccolo riconoscimento al mio lettore più affezionato e stimolante! ^^ E comunque ho trovato la tua lettura di "Nymphomaniac" davvero interessante, fra l'altro con punti simili alla mia a proposito di "Dogville" (ricordo che quando uscì, tutti lo analizzavano solo in chiave politica e sociale, come una metafora sull'America che accoglieva gli immigrati, e nessuno invece aveva fatto notare che si trattava anche lì di una metafora religiosa: cosa sarebbe successo se Gesù fosse venuto fra gli uomini e fosse stato crocifisso ai tempi del Vecchio Testamento e del Dio vendicativo che distruggeva le città).

Curioso che citi Don Giovanni (visto che ne sto scrivendo a profusione proprio in questi giorni sul mio altro blog, "Opera Omnia")... Il paragone fra DG e Joe è interessante ma non credo che regga fino in fondo: intanto erano altri tempi (Don Juan è un "eroe" addirittura seicentesco, la versione di Mozart è solo la più famosa), poi in realtà Don Giovanni non è un semplice uomo ma quasi un simbolo, un mito o un archetipo... e infine, DG non viene punito per le sue conquiste amorose (o sessuali) in sé, ma perché si pone volontariamente al di fuori della società, di cui rifugge le regole e non teme le conseguenze (l'uccisione del Commendatore, il farsi gioco con noncuranza delle leggi umane e divine, il rifiuto di pentirsi). Qui Joe non mi pare che faccia del male agli altri o alla società, solo a sé stessa (se poi di male si tratta)... L'unica cosa per cui potrebbe "meritare" di essere punita è l'abbandono del bambino: ma poi vediamo che persino il padre, che la lascia per quel motivo, lo abbandona a sua volta...

Comunque sì, come sempre dai film di von Trier si sollevano tanti spunti interessanti. Non a caso per me è ancora uno dei due-tre registi più importanti degli ultimi vent'anni.

Marisa ha detto...


Come da aspettarsi da LVT è un film da non prendere alla leggera e da “digerire” prima di parlarne.
Io trovo che si tratti sempre della stessa visione disincantata e di denuncia dell'ipocrisia sociale dominante , da “Le onde del destino” in poi e che ogni film sia in fondo un altro capitolo, come realmente ha cominciato da un certo punto in poi a fare realmente...
In questa lunghissima seduta psicoanalitica tutto gira intorno al sesso, come potrebbe girare intorno a qualsiasi altra ossessione o “paranoia”(il regista è personalmente molto esperto di tali patologie) in modo magistrale perchè l'ascoltatore funge realmente da specchio non colpevolizzante, visto che già la protagonista è sommersa dalla spirale della colpa e dall'autodenigrazione, e fornisce di volta in volta elementi amplificativi e di riferimento culturale e archetipico-psicologico collocando l'ossessione personale in un contesto più ampio e assimilabile.
Il vero colpo di scena e autentica rovina è nel finale perchè l'ascoltatore-analista esce dal suo ruolo e cade preda di quell'agito che rovina ogni successo terapeutico. Lei, che ha appena recuperata la fiducia in sé stessa attraverso la benevola neutralità dell'ascoltatore, si sente completamente tradita e “abusata”. La distruttività a questo punto esplode...

Christian ha detto...

È vero che c'è un unico filo conduttore nei film di Von Trier (a parte, forse, alcuni divertimenti tipo "Il grande capo" o "Le cinque variazioni"), e che questo si iscrive a ragion veduta nel suo filone principale. Però, per qualche motivo, non mi ha "scosso" fino in fondo come invece avevano fatto i vari "Le onde del destino", "Dancer in the Dark", "Dogville", "Antichrist", "Melancholia", ecc. Sicuramente, comunque, me lo rivedrò tutto d'un fiato quando uscirà in DVD con le scene tagliate (sempre, ripeto, che queste ultime non siano una burla di LVT... da lui ormai mi aspetto di tutto!).