L'altra faccia dell'amore (Ken Russell, 1970)
L'altra faccia dell'amore (The music lovers)
di Ken Russell – GB 1970
con Richard Chamberlain, Glenda Jackson
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Visto in divx.
La vita e l'arte di Pyotr Ilyich Ciajkovskij, filtrate attraverso il suo rapporto con le donne: la madre (vista morire di colera quando era bambino: "era l'unica donna che ricordo di aver amato"), la sorella Sasha (cui lo lega uno speciale rapporto d'affetto), la mecenate Nadežda von Meck (la prima a riconoscere il suo genio e ad aiutarlo, finanziandolo ampiamente e ospitandolo nei propri terreni), ma soprattutto la moglie Antonina, ninfomane romantica e sognatrice che il compositore – a causa della propria omosessualità – non saprà mai soddisfare. Proprio il matrimonio lo condurrà a uno stallo creativo, che spingerà Ciajkovskij ad allontanarsi da Nina e quest'ultima a finire i suoi giorni in un manicomio. Romanzando la vita del compositore russo, ma solo fino a un certo punto (lo sceneggiatore Melvyn Bragg, che ha ampiamente saccheggiato la corrispondenza epistolare fra Ciajkovskij e la von Meck, inserisce molti episodi e aneddoti realmente accaduti, come la lettera ricevuta da Nina proprio mentre si accingeva a comporre l'Evgenij Onegin), Russell fonde immagini e suoni con il suo consueto stile "carico" fino all'eccesso, opulento, vibrante e appassionato ma anche volgare, esagitato, fuori dalle righe. Filo conduttore dell'ambivalente pellicola è la capacità della musica di far sognare: le note delle opere più celebri di Ciajkovskij (il concerto per pianoforte, le sinfonie, i balletti) fanno da colonna sonora a scene in cui i vari personaggi fantasticano, immaginano, ricordano, si immergono in scenari e ambienti senza tempo e limiti, fra set e costumi sontuosi, scenografie quasi zeffirelliane che ritraggono, non senza contraddizioni, la grandeur russa di fine ottocento e i propri tormenti interni. Peccato però che, a furia di calcare la mano, questo misto di fantasticherie e allucinazioni rischi di risultare sensazionalista e grottesco, quando non addirittura irritante e pretenzioso (come nella sequenza che accompagna l'ouverture "1812", verso il finale). Lo stile "eccessivo" non risparmia il personaggio di Ciajkovskij, ritratto come nevrotico, in preda alle proprie ossessioni e a sua volta sempre sull'orlo della follia, senza che si percepisca un barlume di creatività artistica, di spontaneità e di romanticismo. Peggio ancora, alla bellezza delle immagini e della messa in scena si accompagna una narrazione quasi tediosa. Di contro, alcune sequenze isolate (su tutte l'esecuzione del concerto per pianoforte, durante la quale vengono presentati i vari personaggi) brillano di luce propria (musicale, cinematografica ed espressiva). Fra gli attori, a fianco di Chamberlain e della Jackson (Antonina), spiccano Christopher Gable (il conte Anton Chiluvsky, uno per tutti gli amanti di Ciajkovskij) e i caratteristi Kenneth Colley (il fratello Modest) e Max Adrian (Nikolai Rubinstein).
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