Il giardino dei Finzi-Contini (V. De Sica, 1970)
Il giardino dei Finzi-Contini
di Vittorio De Sica – Italia 1970
con Lino Capolicchio, Dominique Sanda
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Visto in divx, con Eleonora, Marta, Esther, Beatrice, Francesca e Fausto.
Nella Ferrara del 1938, l'inasprirsi delle leggi razziali sotto il fascismo non sembra toccare più di tanto la serenità della ricca famiglia ebrea dei Finzi-Contini, che nella loro villa circondata da un immenso giardino – da cui escono raramente – continuano a ricevere le visite di amici e conoscenti. Fra questi c'è il giovane Giorgio (Lino Capolicchio), ebreo della media borghesia cittadina, innamorato della raffinata ed enigmatica Micol (Dominique Sanda), che però non ricambia il suo affetto. I turbamenti amorosi di Giorgio andranno di pari passo con il deterioramento del clima sociale e politico, fino a quando anche la gabbia dorata dei Finzi-Contini non sarà più in grado di proteggere la famiglia dalla deportazione. Tratto dall'omonimo romanzo di Giorgio Bassani (che non volle essere coinvolto nell'adattamento), il film racconta in modo originale e intimista il dramma degli ebrei italiani appartententi alle classi sociali più elevate, dapprima illusi che nel proprio paese non si potessero raggiungere i livelli di persecuzione della Germania nazista (esemplare la scena in cui Giorgio, in visita al fratello che si è trasferito a vivere in Francia, viene improvvisamente a conoscenza dei campi di concentramento tedeschi), e poi costretti a un brusco risveglio quando era ormai troppo tardi. All'inizio, infatti, i disagi sembrano essere di poco conto (espulsi dal circolo del tennis, gli amici di Micol ed Alberto si ritrovano nella loro villa a giocare fra loro), poi si fanno via via più opprimenti (il padre di Giorgio perde il lavoro, il ragazzo non può più studiare in biblioteca o addirittura laurearsi, cosa che invece la ricca e privilegiata Micol riesce comunque a fare), e infine si sfocia nella guerra e nel disastro completo. La Sanda era apparsa quello stesso anno anche ne "Il conformista" di Bertolucci, un altro film che raccontava la vita sotto il fascismo. Nel cast anche Helmut Berger (Alberto, il fratello di Micol), Fabio Testi (Giampiero, l'amico milanese) e Romolo Valli (il padre di Giorgio), mentre un giovane Alessandro D'Alatri interpreta Giorgio da bambino in alcuni flashback. Il ritmo lento e la recitazione impostata (che lo differenziano a livello formale dai capolavori del periodo neorealista di De Sica, avvicinandolo invece ai vari Antonioni, Visconti e Bertolucci di quegli anni) non rendono il film necessariamente datato, bensì contribuiscono a creare quell'atmosfera un po' sospesa e irreale che ben descrive le illusioni e la passività dei personaggi in un contesto sociale che a sua volta doveva certamente sembrare irreale a chi ci viveva (spingendo Micol e la sua famiglia a un isolamento sempre più stretto). E l'esperienza del regista gli consente di evitare ogni trappola "intellettuale", fondendo invece mirabilmente le due anime della narrazione (i drammi amorosi e "privati" di Giorgio con quelli a più ampio spettro dovuti al fascismo). La pellicola valse al settantenne De Sica il suo quarto Oscar per il miglior film straniero (un record che condivide con Federico Fellini), nonché l'Orso d'Oro a Berlino.
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