11 novembre 2013

Blind beast (Yasuzo Masumura, 1969)

Blind beast (Mōjuu)
di Yasuzo Masumura – Giappone 1969
con Eiji Funakoshi, Mako Midori
**1/2

Visto in divx, in originale con sottotitoli.

Una giovane modella viene rapita da uno scultore cieco, ossessionato dai corpi femminili, che la segrega nel suo magazzino-laboratorio dove intende perfezionare con il suo aiuto una nuova forma di scultura, "l'arte del tatto". Inizialmente la ragazza cerca in ogni modo di fuggire, e a questo scopo semina zizzania fra il carceriere e sua madre, l'unica donna che gli è mai stata vicina e che lo ha aiutato nel rapimento. Ma alla lunga, fra i due si svilupperà un morboso rapporto che crescerà fino alle estreme conseguenze, in un vortice discendente di follia e passione. Ispirato a un racconto di Edogawa Ranpo, un film insolito ed inquietante, caratterizzato in principio da atmosfere da thriller erotico che via via assumono connotazioni sempre più disturbanti e malate, con venature sadomasochistiche (l'esplorazione dei corpi porta rapidamente alla sperimentazione del dolore, direttamente collegata con l'estasi sessuale), tra dipendenza e sindrome di Stoccolma. Paragonato da alcuni a "La donna di sabbia", rispetto al film di Hiroshi Teshigahara è forse meno incisivo nella descrizione psicologica dei personaggi e nella concatenazione delle varie situazioni, ma colpisce per la messa in scena surreale (memorabile la scenografia dello studio dello scultore, in cui si svolge quasi tutta la pellicola, con frammenti di corpi femminili – talvolta giganteschi – che escono dalle pareti e due enormi statue nude sulle quali si muovono i protagonisti, immersi in una perenne penombra) e per lo stile minimalista e tutto sommato raffinato nel portare sullo schermo – senza mai varcare la soglia dell'eccesso grafico gratuito o fine a sé stesso – ossessioni e perversioni di due personaggi tragici e senza via d'uscita.

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