18 giugno 2013

Il passato (Asghar Farhadi, 2013)

Il passato (Le passé)
di Asghar Farhadi – Francia 2013
con Ali Mossafa, Bérénice Bejo, Tahar Rahim
**1/2

Visto al cinema Anteo, con Sabrina, in originale con sottotitoli (rassegna di Cannes).

L'iraniano Ahmad (Ali Mossafa) torna a Parigi dopo quattro anni per firmare i documenti del divorzio con Marie (Bérénice Bejo), la donna con cui aveva vissuto in precedenza e che ora intende risposarsi con un nuovo compagno, Samir (Tahar Rahim). Ma scopre che non tutto è così semplice, visto che Samir ha già un figlio, Fouad, e una moglie caduta in coma dopo un tentativo di suicidio che Lucie – la prima figlia di Marie, per questo ostile al nuovo matrimonio – sospetta sia stato provocato non dalla depressione ma dalla scoperta, da parte della donna, della relazione fra Samir e sua madre. Dopo l'eccellente "Una separazione", Farhadi realizza il suo primo film all'estero affrontando in fondo lo stesso tema della pellicola precedente. Stavolta però la "separazione" in questione non è un punto d'arrivo ma di partenza, che fornisce l'innesco per descrivere gli intricati rapporti familiari di un gruppo di personaggi caratterizzati mirabilmente e tormentati dalle ombre di un passato che non si può dimenticare e che influenza ancora pesantemente il presente e i loro sentimenti. L'abile sceneggiatura (dello stesso Farhadi) ne svela i retroscena e i segreti allo spettatore (e ad Ahmad, di cui condividiamo per gran parte del film il punto di vista) centellinandoli poco a poco: e per questo perde forse un po' di equilibrio nel finale, quando Ahmad si defila lasciando maggior spazio a Samir e al suo rapporto con la moglie in coma. Bellissimo, in ogni caso, il piano sequenza nell'ospedale che conclude la pellicola. Da sottolineare l'intensità della recitazione di tutti gli interpreti (Mosaffa è anche un regista indipendente, la Bejo e Rahim sono reduci dai successi rispettivamente di "The Artist" e "Il profeta"), ma soprattutto di quelli più giovani (Lucie, interpretata da Pauline Burlet, e il piccolo Fouad, Elyes Aguis, protagonista di una scena toccante in cui discute di eutanasia con il padre). Come in "Una separazione", le decisioni degli adulti influenzano pesantemente (e ne sono influenzate a loro volta) quelle dei figli, non semplici spettatori passivi ma fondamentali tasselli di un "risiko familiare" che non sembra portare a soluzioni semplici. E se alla fine rimane qualche punto in sospeso (la moglie di Samir aveva letto le e-mail che Lucie le aveva inoltrato? Si risveglierà dal coma? Samir si sposerà con Marie?), fa parte del fascino di una pellicola che sin dal principio non dice tutto allo spettatore ma lo guida lentamente (e anche tenendolo un po' a distanza) all'interno di una vorticosa ragnatela di eventi, sentimenti e segreti. Pur ambientato in Francia, il film tratta di temi universali e la storia potrebbe in effetti svolgersi a Teheran o in qualunque altra parte del mondo. Sono tipiche comunque del cinema iraniano, anche se rilette con lo stile lucido e moderno di Farhadi, le lunghe scene di conversazione in automobile.

2 commenti:

Marisa ha detto...

La scena della lacrima che segnala ancora la vita nella donna in coma s'era già vista in "Peppermint candy" del bravo Lee Chang-dong. Comunque è un bel film, abilmente costruito sulla catalizzazione che si opera all'arrivo di Ahmad, l'uomo intermedio, tra il primo marito e padre delle ragazze e l'attuale partner Samir, troppo coinvolto per vedere le cose dalla giusta distanza, così come è troppo coinvolta la madre.
Il regista dà la parte migliore di sè nel lavoro psicologico con i ragazzi, come in fondo era avvenuto nel precedente "Una separazione"

Christian ha detto...

Hai ragione, non avevo pensato al film coreano, anche se in quello l'intensità emotiva della lacrima per lo spettatore era anche maggiore (di fatto era un addio, mentre qui c'è una speranza). Sono d'accordo con te sull'importanza dei figli nell'economia della vicenda: non sono semplici figure di contorno ma tasselli fondamentali della pellicola, soprattutto come caratterizzazione psicologica.