Viva la libertà (Roberto Andò, 2013)
Viva la libertà
di Roberto Andò – Italia 2013
con Toni Servillo, Valerio Mastandrea
**1/2
Visto al cinema Arlecchino, con Sabrina.
L'ingessato politico Enrico Oliveri (Servillo), segretario della principale coalizione di sinistra ("il maggior partito di opposizione"), in crisi nei sondaggi e nella leadership, abbandona Roma e si rifugia in incognito a Parigi, ospite di una vecchia fiamma (Valeria Bruni Tedeschi). Visto il momento delicato ed essendo il politico irreperibile, il suo assistente Andrea (Mastandrea) decide di sostituirlo con un sosia, ovvero il fratello gemello Giovanni (sempre Servillo), scrittore e filosofo reduce da una casa di cura psichiatrica. Il comportamento e le dichiarazioni eccentriche di Giovanni (senza compromessi o peli sulla lingua) galvanizzano la gente e fanno riguadagnare consensi a lui e al partito, mentre nel frattempo a Parigi anche Enrico riesce a ritrovare sé stesso, le passioni che lo muovevano in gioventù (su tutte il cinema, arte basata sulla finzione non meno della politica) e persino l'amore. Tratto da un romanzo ("Il trono vuoto") dello stesso regista, un film dai toni vagamente surreali e tutto incentrato su un tema, quello del "doppio", già abbondantemente sfruttato sul grande schermo e in letteratura (a partire, ovviamente, da "Lo strano caso del Dottor Jekyll e di Mister Hyde" di Stevenson), cui si innesta quello del "fool" shakesperiano. È evidente che i due fratelli Enrico e Giovanni (che sin da giovani si scambiavano identità e fidanzate, come i gemelli di "Inseparabili" di Cronenberg) rappresentano le due metà opposte di uno stesso individuo: se viene a mancare la parte istintiva, i sentimenti, la "follia", si diventa un arido politico (di sinistra!); se viene a mancare la razionalità e il controllo, si diventa pazzi. Lo scambio di ruoli, invece, fa bene ad entrambi e li aiuta prima a riconoscere e poi a riconquistare la parte di sé perduta. Quando Enrico è pronto a tornare, infatti, Giovanni si fa da parte e "sparisce" letteralmente nel nulla (su una spiaggia, come in "Sotto la sabbia" di Ozon): in un certo senso viene "riassorbito" dal fratello (che nella scena finale ne manifesta alcuni comportamenti). Nonostante la grande prova "doppia" di Servillo (da notare che i due fratelli non compaiono mai insieme nella stessa scena), al film manca però qualcosa per sollevare le proprie tesi e i propri simboli oltre la soglia della banalità. Soprattutto la seconda parte porta avanti la vicenda con il pilota automatico, senza riservare sorprese o sviluppi degni di nota. Ai personaggi di contorno (a cominciare da quello interpretato da Mastandrea) manca il culmine dell'evoluzione, mentre la riflessione politica, nel migliore dei casi, pecca di ingenuità e di ottimismo. Le dichiarazioni di Giovanni non sono in realtà nulla di trascendentale o di rivoluzionario: sono "soltanto" sincere, chiare e dirette. Davvero semplicità e passione sarebbero sufficienti, in una paese come l'Italia, a guadagnare il favore degli elettori (cosa di cui spesso la sinistra si è illusa?). E davvero basta ballare il tango con la cancelliera tedesca, giocare a nascondino con il Presidente della Repubblica o citare una poesia di Brecht davanti agli elettori per raggiungere il 66% nei sondaggi? Curioso notare come diversi personaggi facciano riferimenti a protagonisti reali della scena pubblica e politica: il "viscido" rivale De Bellis, definito "elefante della politica", è ovviamente D'Alema (con tanto di baffetti); il dirigente che afferma "bisogna dare alla gente quel che vuole" (cui Andrea replica "La gente ama anche la merda, ma non vuol dire che gliela dobbiamo dare") è forse modellato su Renzi; l'anziano ideologo del Pci è probabilmente Ingrao; mentre lo stesso Oliveri, più che Bersani, ricorda Veltroni (con tanto di amore giovanile per il cinema; da sottolineare anche la battuta sull'arredamento della sede elettorale, che richiama il suo famoso loft). La colonna sonora saccheggia a più riprese l'ouverture de "La forza del destino" di Verdi (ma le citazioni verdiane, nell'anno del bicentenario, non finiscono qui: per dirne una, lo pseudonimo con cui il filosofo Giovanni pubblica i suoi libri è Ernani). Michela Cescon è la moglie di Enrico, Anna Bonaiuto è la collega di partito, la bella Judith Davis è la ragazza francese con cui Enrico ha un flirt.
2 commenti:
L'idea migliore del film è proprio nell'ambiguo finale dove l'apparente svanire della parte "folle" è la migliore garanzia della sua sopravvivenza e quindi, imparata la lezione, non la si può più perdere rimuovendola o confinarla in una clinica psichiatrica, perchè è stata ormai integrata.
Sì: anche se non particolarmente originale, è un film che riesce bene a fondere i due temi, quello esistenzialista e psicologico (che forse alla fine risulta preponderante), con quello politico (che alla resa dei conti si rivela un po' superficiale).
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