Pina (Wim Wenders, 2011)
Pina (id.)
di Wim Wenders – Germania/Francia/GB 2011
***1/2
Visto al cinema Apollo (in 3D), con Eleonora e Anna, in originale con sottotitoli.
Quando la grande danzatrice e coreografa Pina Bausch è morta nel 2009, proprio mentre Wenders stava apprestandosi a dirigere un documentario su di lei, in un primo momento il regista aveva pensato di rinunciare al progetto. Furono i collaboratori e i membri del Tanztheater di Wuppertal, il corpo di ballo di Pina, a convincerlo a realizzare comunque il film, che è diventato così sia un documentario sugli stessi ballerini che un tributo postumo alla grande artista (che compare solo brevemente, attraverso alcune immagini di repertorio). La pellicola alterna sequenze di alcune delle più celebri opere di teatro-danza messe in scena dalla Bausch (la "Sagra della primavera" con le musiche di Stravinsky, "Caffè Müller", "Kontakthof" e "Vollmond") a interviste ai vari componenti del Tanztheater (le cui voci fuori campo – in una moltitudine di diverse lingue: tedesco, inglese, francese, spagnolo, russo, italiano, cinese... – si sovrappongono ai loro volti, ritratti espressivamente a bocca chiusa). Più che il linguaggio delle parole, però, è quello del corpo ad affascinare lo spettatore: le brevi performance di cui ciascuno dei danzatori si rende a turno protagonista mettono in mostra le grandi capacità della danza contemporanea di trasmettere emozioni pure. Non è importante infatti conoscere il soggetto o la trama dello spettacolo: ognuno può leggere, nei movimenti dei personaggi, la storia che vuole. Eccezionale, poi, l'utilizzo che Wenders fa degli ambienti e degli spazi che circondano i ballerini, che si tratti di interni (il palcoscenico) o di esterni (il parco, le strade della città, una vecchia fabbrica, una piscina comunale, una cava). Per la prima volta anche il 3D mi è parso avere un senso: credo che si tratti del primo film che vedo in cui lo spazio a tre dimensioni è davvero integrato nel linguaggio filmico ed è funzionale a quanto il regista vuole narrare, rappresentando così un valore aggiunto all'esperienza sensoriale dello spettatore. Non credo che dipenda solo dal fatto che siamo di fronte a un documentario (che in quanto tale beneficia di un maggiore realismo molto più di un film di finzione, che invece per sua natura descrive un mondo artificiale), quanto dalla natura stessa dell'argomento trattato – il ballo e la "spazialità" delle coreografie – che si sposano particolarmente bene con la tecnologia stereoscopica: mi chiedo, a questo proposito, che effetto farebbe rivedere in 3D film che puntavano proprio su questi elementi, come "Dogville" o "West Side Story". In certi momenti sembrava davvero di trovarsi a teatro, ad ammirare uno spettacolo dal vivo: effetto amplificato anche dalla scelta di Wenders di lasciare, in certe inquadrature, una prima fila di poltrone, come ad "allungare" la sala cinematografica fin dentro allo schermo. Una riflessione a margine, infine, sulla sopraelevata di Wuppertal: perché non costruiscono linee di trasporti pubblici come quella anche nelle nostre città, anziché perdere tempo e denaro con le metropolitane sotterranee?
2 commenti:
Wenders è forse l'unico dei grandi registi che ha l'umiltà di mettere la sua macchina da presa al servizio di altri grandi artisti, senza appropriarsi e cercare di mettersi lui in primo piano. Penso anche all'omaggio reso a Nicholas Ray e ad Antonioni.
Questo film è eccezionale e rende perfettamente l'atmosfera che la grande Pina Bausch sapeva creare e la sua intensità emotiva.
Forse, a differenza di Herzog (che anche quando gira dei documentari lavora come si si trattasse di un film di finzione e ci mette un tocco molto personale, al punto persino di manipolare o "taroccare" le immagini o di inventarsi testi e citazioni che non esistono!), Wenders è effettivamente capace di mettersi più fedelmente al servizio dell'argomento che vuole narrare: penso anche a "Tokyo-ga" e "Buena Vista Social Club".
Grazie per aver ricordato l'omaggio a Ray ("Nick's Movie - Lampi nell'acqua") e l'aiuto ad Antonioni ("Al di là delle nuvole").
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