La commare secca (B. Bertolucci, 1962)
La commare secca
di Bernardo Bertolucci – Italia 1962
con Francesco Ruiu, Alfredo Leggi
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Visto in divx, con Marisa.
L'esordio di Bernardo Bertolucci alla regia (a soli 22 anni!) è tutto nel segno di Pasolini: dopo aver già collaborato ad "Accattone" come aiuto regista, l'autore emiliano porta qui sullo schermo un soggetto originale di PPP, sceneggiato insieme a Franco Citti, che in un primo momento avrebbe dovuto essere diretto dallo stesso Pasolini. Un maresciallo di polizia (che non vediamo mai sullo schermo: ne sentiamo soltanto la voce fuori campo, come in "Rashomon" di Kurosawa) indaga sull'omicidio di una prostituta, il cui corpo è stato trovato sotto un ponte del Tevere, e interroga diverse persone che la sera prima sono passate dal parco dove la donna lavorava, ricostruendone la giornata (tutti i sospettati mentono, per un motivo o per l'altro, ma sullo schermo vediamo quello che è successo realmente): un giovane ladruncolo che si guadagna da vivere derubando le coppiette; un ex galeotto che ha appena lasciato l'amante che lo manteneva; un militare che ha trascorso la giornata girovagando per la città dietro alle ragazze; un eccentrico friulano (come PPP!) che va in giro in zoccoli e che ha qualcosa da nascondere; due adolescenti che, per trovare il denaro necessario a offrire il pranzo alle loro fidanzatine, derubano l'omosessuale che li aveva adescati; sarà proprio quest'ultimo, testimone oculare del delitto, a rivelare alla polizia chi è il vero colpevole. Se la ricostruzione di una Roma che non ha ancora compiuto la transizione verso la modernità è piuttosto convincente, e la descrizione di un'umanità emarginata, povera e variopinta è coerente con la visione pasoliniana (molti personaggi e ambienti ricordano quelli di "Accattone" e "Mamma Roma"), rispetto ai lavori di PPP il film soffre per uno stile troppo ricercato (vedi alcuni inutili movimenti di macchina) e per una struttura narrativa piuttosto sfilacciata (le varie storie scorrono in parallelo ma senza un reale legame che le metta in relazione, e il ricorso a inquadrature delle stesse situazioni da diversi punti di vista sembra un esercizio fine a sé stesso, benché trovate come l'improvviso scroscio di pioggia – cui segue immancabilmente una scena che mostra la prostituta che si prepara a uscire di casa – siano efficaci per collocare le diverse sequenze sugli stessi binari cronologici). E anche la trama "gialla", la cui risoluzione è calata dal nulla, lascia un po' il tempo che trova. Nonostante tutto, però, il talento visivo del regista è già evidente da numerosi squarci e inquadrature. Il titolo, che si riferisce alla morte, proviene da un verso di Gioacchino Belli: "... e già la commaraccia secca de strada Giulia arza er rampino". Le due canzoni della colonna sonora, di Claudio Villa e di Nico Fidenco, sono successi dell'epoca.
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