Biutiful (Alejandro G. Iñárritu, 2010)
Biutiful (id.)
di Alejandro González Iñárritu – Messico/Spagna 2010
con Javier Bardem, Maricel Álvarez
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Visto al cinema Apollo, con Marisa.
Uxbal è un uomo dal presente difficile e dal futuro inesistente, visto che ha appena scoperto di avere un tumore che gli lascerà pochi mesi di vita. Separato da una moglie fragile e disturbata, abita in uno squallido appartamento con i suoi due bambini e si guadagna da vivere con il traffico di merci contraffatte, agendo da intermediario fra gli immigrati cinesi che le fabbricano e quelli africani che le vendono per le strade. In più, è anche un sensitivo: come Matt Damon in "Hereafter", è in grado di entrare in contatto con i morti e sfrutta questa capacità per arrotondare le proprie entrate. La sua sofferenza fisica va di pari passo con quella psicologica, i tormenti concreti con quelli spirituali: scosso dai sensi di colpa e consapevole di una fine imminente, cercherà di saldare i propri conti e di sistemare ogni cosa prima della dipartita, ma causerà senza volerlo altri gravi lutti e non riuscirà a riconciliarsi con la moglie. Ambientato in una Barcellona livida e crudele, crogiolo di razze e di degradazione, così diversa dalle rappresentazioni "solari" che di solito si vedono in altre pellicole, il film accatasta temi su temi (il rapporto fra genitori e figli – il padre di Uxbal e di suo fratello Tito è morto in Messico prima che loro potessero conoscerlo – e quello con la famiglia; le condizioni disumane in cui vivono gli immigrati clandestini, di cui viene mostrata la vita segreta e sotterranea, e che portano il protagonista a empatizzare con loro; gli elementi soprannaturali, come le farfalle sul soffitto della stanza di Uxbal – che simboleggiano gli spiriti dei morti con cui ha avuto a che fare – o le pietre che fungono da legame con i figli, come già avveniva nel giapponese "Departures") e forse esagera nel porre continuamente ostacoli sulla strada del personaggio. Iñárritu gira con uno stile sporco e disordinato come la vita del suo protagonista: è il suo primo lungometraggio dopo la tumultuosa separazione dallo sceneggiatore Guillermo Arriaga che ne aveva scritto i tre precedenti film ("Amores perros", "21 grammi" e "Babel") e aveva rivendicato per sé un ruolo di "autore" alla pari del regista, forse non del tutto a torto; di conseguenza l'impianto della pellicola è diverso: non più un film corale, si concentra prevalentemente su un unico personaggio (anche se qua e là riaffiora la vecchia e brutta abitudine di allargare troppo il discorso, finendo col sfilacciarlo: la sottotrama con i due cinesi gay, per esempio, ce la poteva risparmiare). Cupo e disperato, il film si appoggia tutto sull'intensa e sofferta interpretazione di Bardem, giustamente premiata a Cannes.
4 commenti:
Mi sembra un film molto pasticciato, che ruba molto da altri confondendo le acque. Ottima la prova di Bardem che si conferma grandissimo, dopo Mare dentro.
Non è esattamente un film piacevole da vedere, però per regia e recitazione qualcosa lo offre.
Francamente stento fortemente ad entrare in sintonia con Inarritu; senz'altro è un regista padrone di una grande tecnica e senz'altro vedrò anche questo (non stento a credere alla bravura di Bardem) però ormai ho maturato la convinzione che questo regista sia un po' troppo sopravvalutato ( o sono io che non lo capisco, ovvio).
Tendo a essere d'accordo con te: diciamo che ha esordito alla grande con "Amoresperros", ma poi è andato in calando, e i risultati dei suoi film non sono sempre pari alle sue ambizioni.
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