Tony Manero (Pablo Larraín, 2008)
Tony Manero (id.)
di Pablo Larraín – Cile 2008
con Alfredo Castro, Paola Lattus
***1/2
Visto in DVD, con Giovanni e Ilaria.
Ambientato negli anni della dittatura di Pinochet, il secondo lungometraggio di Pablo Larraín (vincitore del Torino Film Festival) è un disperato e claustrofobico ritratto di un uomo imprigionato nelle proprie ossessioni, che curiosamente in questo caso riguardano un film simbolo dell'ìnvasione culturale statunitense alla fine degli anni settanta, "La febbre del sabato sera". Il cinquantaduenne Raúl Peralta, infatti, è un appassionato fan del personaggio interpretato in quel film da John Travolta (Tony Manero, appunto), di cui ripete le frasi e scimmiotta i movimenti, esibendosi in numeri di danza nello squallido locale dove vive, circondato dalle attenzioni di tre donne di età differenti. Insensibile agli orrori che si svolgono intorno a lui, pur di raggiungere i propri obiettivi (esibirsi in pubblico con una coreografia ispirata al film americano, partecipare a un concorso televisivo per sosia di Tony Manero) non esita nemmeno a uccidere: ma i suoi delitti si perdono e si confondono con quelli della dittatura contro gli oppositori politici e la gente comune, verso i quali Raúl pare quasi indifferente. Intenso, disperato e incisivo, il film può contare sulla grande prova di Alfredo Castro, anche co-sceneggiatore insieme con il regista, e su uno stile che – attraverso una fotografia sgranata e le immagini fuori fuoco – dona alla pellicola un realismo quasi documentaristico. "Il film è un’analisi spietata dell’errore in cui si incorre credendo che felicità e successo possano essere ottenuti imitando e sostituendo la propria cultura con un’altra. Nel caso specifico si tratta di una cultura alimentata da un potente strumento di comunicazione di massa, il cinema, ed imposta, in un modo o nell’altro, dagli Stati Uniti ai paesi del terzo mondo", ha spiegato lo stesso Larraín. "Raúl simbolizza l’aspirazione irrefrenabile alla modernità malgrado la povertà nella quale sprofonda. La sua è la storia di un tentativo impossibile di affrancarsi dall’emarginazione". Il successivo lavoro del regista, "Post mortem", approfondirà ancora di più il tema dell'uomo prigioniero delle proprie ossessioni e anestetizzato agli orrori della dittatura cilena.
8 commenti:
Il grottesco e la tragedia, esattamente come la storia del Cile, è questo che il bravo Pablo Larrain vuole dirci con il suo bel film.
Il riscatto sociale di Tony Manero/Travolta ne La febbre del sabato sera, squattrinato sì, ma giovane, belloccio e amato dalle donne, passa attraverso il ballo e una gara che riuscirà a vincere.
Raul Peralta senza un soldo, ormai cinquantenne, senza lavoro e per giunta impotente, cercherà disperatamente la "gloria", ma la sua bramosia, i suoi crimini, si ritorceranno contro di lui esattamente come è successo al suo Paese, il Cile di Pinochet.
E' un film talmente riuscito da risultare odioso e, per apprezzarlo pienamente, bisogna proprio vincere il senso di sgradevolezza che rimane a lungo, un'amarezza che penetra fin nel profondo.
E' proprio così: spesso gli uomini - per fortuna non tutti, perdono ogni capacità di critica se sono immersi in un colletivo cinico e spietato ed in preda alle loro frustrazioni narcisistiche.
Grazie per i bei commenti!
Larraín è un regista interessante (o meglio, dovrei dire l'accoppiata Larraín/Castro!), da tenere sott'occhio.
A me il film di Larrain piacque non poco, perchè offre due chiavi di lettura: una "storica", con riferimento ad un periodo triste ed angoscioso; ed un'altra più universale, dal momento che si racconta una vicenda di frustrazione, distacco e fallimento che culmina nell'alienazione di un individuo.
Davvero molto bello.
Esatto, mescolare il dramma di un popolo con una vicenda personale e solo apparentemente slegata dal contesto è uno dei pregi del film: la stessa strategia verrà poi usata da Larraín anche in "Post Mortem".
Film sporco e disturbante. Il protagonista davvero straordinario tra l'altro.
Ale55andra
L'inteprete è fondamentale in questo film.
Cinismo, claustofobia, senza speranza... queste sono le parole che a caldo sono uscite dalla nostra discussione post-film.
E sono rimaste anche dopo.
La realtà è sempre più dura della fantasia.
Giovanni
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