L'avventura (M. Antonioni, 1960)
Ieri sera, lo stesso giorno in cui è scomparso Ingmar Bergman, è morto anche Michelangelo Antonioni, uno dei miei registi italiani preferiti. Doveroso, anche in questo caso, riguardarsi alcuni dei suoi film.
L'avventura
di Michelangelo Antonioni – Italia 1960
con Monica Vitti, Gabriele Ferzetti
***1/2
Rivisto in DVD.
Primo capitolo della cosiddetta "trilogia dell'alienazione" (gli altri due sono "La notte" e "L'eclisse", sempre con Monica Vitti), nella quale il regista affronta per la prima volta i temi dell'incomunicabilità e del disagio esistenziale che lo hanno reso celebre. Il film vinse il premio speciale della giuria a Cannes (dopo essere stato fischiato alla proiezione pubblica) e diede il via alla notorietà internazionale del regista, oltre a cambiare in gran parte il mondo del cinema (da qualche parte ho letto questa citazione: «Antonioni is the difference between "Bridge on the River Kwai" and "Lawrence of Arabia", between 'Spartacus' and "2001", between "Breathless" and "Contempt"»). Anna, figlia di un diplomatico, scompare misteriosamente nel nulla durante una crociera in barca con un gruppo di amici della ricca e annoiata borghesia romana. Dopo aver setacciato inutilmente lo scoglio roccioso di Lisca Bianca, dove la ragazza era stata vista l'ultima volta, la sua amica Claudia e il suo fidanzato Sandro decidono di proseguire le ricerche da soli. Poco a poco, però, le rispettive solitudini avvicinano i due e li spingono a innamorarsi. Lo scopo della loro ricerca passa in secondo piano, e Claudia si rende conto di temere il ritorno dell'amica: "tutto sta diventando maledettamente facile, persino privarsi di un dolore", commenta. La prima parte del film è dominata dalle forze della natura: il mare, il vento, la roccia sembrano opprimere gli uomini, che si smarriscono al loro interno per fuggire dal vuoto che li circonda. La seconda, ambientata in una Sicilia arcaica, fra paesi disabitati o a stento sfiorati dalla modernità, dalla vita mondana o dal turismo, mette invece a fuoco la fragilità dei rapporti umani e la distanza fra i personaggi, impegnati in una ricerca inutile e senza fine.
2 commenti:
un vecchio regista italiano di filmacci polizieschi anni '70 recentemente ha definito Antonioni "il regista della noia". Questo è il livello a cui si ispira tarantino [con la t minuscola]
Ce ne fossero di Antonioni, ancora oggi!
Posta un commento