27 febbraio 2012

Dolls (Takeshi Kitano, 2002)

Dolls (id.)
di Takeshi Kitano – Giappone 2002
con Hidetoshi Nishijima, Miho Kanno
***1/2

Rivisto in DVD.

Kitano ha sempre alternato pellicole ironiche e violente ad altre più intime, poetiche e romantiche, benché non certo meno nichiliste (e curiosamente in quest'ultime sceglie spesso di non recitare e di rimanere dietro la macchina da presa: si pensi a "Il silenzio sul mare" o a "Kids Return"). "Dolls", film di una bellezza struggente, è forse il suo lavoro più lirico e stilizzato, una raccolta di storie disperate – raccontate in chiave astratta e antirealista – sul tema dell'amore perduto. Il titolo, come ci rivela la sequenza introduttiva, fa riferimento al bunraku, il tradizionale teatro giapponese delle marionette, di cui ci viene mostrato un frammento di un'opera del 1711 ("Meido no hikyaku", ovvero "I messi dell'inferno", di Chikamatsu Monzaemon, storia di un doppio suicidio d'amore). Come in un film a episodi, la pellicola racconta tre storie separate (anche se occasionalmente i personaggi si incrociano fra loro). Quella principale riguarda due innamorati, Matsumoto (Hidetoshi Nishijima) e Sawako (Miho Kanno), che vagano per il mondo nei panni dei "vagabondi legati", congiunti l'uno all'altra da un cordone rosso (immagine che richiama un'antica tradizione giapponese, quella che afferma che ogni coppia di innamorati è legata da un invisibile filo rosso). La loro vicenda è narrata in una serie di flashback: quando il primo, pur di fare carriera e per cedere alle insistenze dei genitori, aveva accettato di sposare la figlia del presidente della società in cui lavorava, la seconda aveva tentato il suicidio e aveva perduto la ragione. Da allora Matsumoto ha abbandonato ogni cosa per andarsene con lei in giro per il Giappone, riscoprendo i luoghi della loro vita passata e rivivendone i momenti salienti. Una seconda storia parla di un vecchio capo yakuza (Tatsuya Mihashi) che ritrova la donna che aveva amato e lasciato in gioventù (Chieko Matsubara), la quale non ha mai smesso di recarsi ogni sabato nel parco dove era solita incontrarsi con lui per portargli il pranzo. La terza, infine, racconta dell'idolatria di un ragazzo (Tsutomu Takeshige) per la pop star Haruna (Kyoko Fukada): quando la giovane idol rimane ferita a un'occhio dopo un incidente stradale e decide di ritirarsi dalle scene, anche il fan si acceca volontariamente (dopo aver "memorizzato" per un'ultima volta il suo viso) pur di starle accanto. I protagonisti delle tre storie, tutte inevitabilmente senza lieto fine, non soffrono per il fato avverso o per tragedie causate da fattori esterni ma sempre per azioni e scelte dipendenti dalla propria volontà e dovute all'interesse, alla vanità, all'ambizione o all'egoismo: i personaggi maschili, in particolare, rinunciano all'amore per poi pentirsene e, non potendo recuperare quello che ormai hanno perduto, cercano in qualche modo di redimersi e di rimediare quando è già troppo tardi. Molto bella la fotografia di Katsumi Yanagishima, che inonda lo schermo con i colori delle stagioni (il rosa della primavera, il verde dell'estate, il rosso dell'autunno, il bianco dell'inverno). I costumi sono di Yohji Yamamoto, mentre la colonna sonora di Joe Hisaishi (purtroppo alla sua ultima collaborazione con Kitano) è più sparsa e minimalista – e meno memorabile – del solito: comprende però una canzone (quella cantata da Haruna), che – in puro stile J-Pop – è tanto stupida quanto difficile da togliersi dalla testa (da notare che la melodia è la stessa della suoneria del cellulare di Matsumoto). La Fukada, un'autentica idol, è apparsa anche nel divertente "Kamikaze Girls" di Tetsuya Nakashima e nello "Yattaman" di Takashi Miike.

8 commenti:

marco c. ha detto...

La Fukada mi è piaciuta, il film un po' meno. A tratti mi ha annoiato. Mi è piaciuta l'idea di sfruttare il teatro delle marionette tipicamente giapponese, anche se mi ha ricordato troppo da vicino il Kurosawa di "Sogni". Bella come sempre la tua recensione che sconta l'intimismo del film. Kamikaze girls! :D

Lakehurst ha detto...

fantastico, il mio film preferito di Kitano (anche perchè è il suo primo film che ho visto per caso) e il suo miglior dramma. rarefatto come sempre nella sua poetica, ma dalla fotografia (che hai giustamente ricordato) che fa paura per l'intensità e la bellezza.

Christian ha detto...

Per me i suoi capolavori rimangono "Hana-bi" e "Sonatine", ma penso che questo sia il migliore fra i film che ha diretto negli anni 2000...

marco c. ha detto...

Concordo alla grandissima con il nostro Recensore quando dice che i migliori sono Hana-bi e Sonatine. Personalmente ritengo che Sonatine sia Il migliore di Kitano.

Lakehurst ha detto...

su sonatine son d'accordissimo... con hana-bi ho sempre avuto problemi... non ci capiamo

Fabio ha detto...

L'ho visto tanti anni fa. Il film è bello e la storia centrale - con la regressione infantile di Sawako - è commovente in più punti.

La canzoncina j-pop è impossibile dimenticarla. D:

Anonimo ha detto...

Sonatine è ovviamente straordinario. Ma questo è estremamente coinvolgente secondo me.

Ale55andra

Christian ha detto...

Commovente e coinvolgente sono definizioni giuste per questo film.

Canzoncina a parte, ovvio! ^^

"Mamemimumemo mamemimumamo
Mamemimu magical beam..."