9 ottobre 2013

E morì con un felafel in mano (R. Lowenstein, 2001)

E morì con un felafel in mano (He died with a felafel in his hand)
di Richard Lowenstein – Australia 2001
con Noah Taylor, Emily Hamilton
**

Visto in DVD.

Danny, aspirante scrittore senza un soldo e con una venerazione per Jack Kerouac (che lo porta a voler scrivere, come lui, su un rotolo di carta da telex perché "la pagina interrompe il flusso di coscienza"), per gli esistenzialisti francesi e i romanzieri russi, è costretto a cambiare residenza in continuazione per problemi vari con i suoi bizzarri coinquilini e con i debiti da pagare. Il film, tratto da un romanzo di John Birmingham (dove le case in cui il protagonista vive sono molte di più), consiste essenzialmente in una serie di episodi e di vignette (precedute regolarmente da un cartello "godardiano" a mo' di titolo) che si succedono senza soluzione di continuità, tenute insieme dai rapporti di Danny con alcuni dei variopinti personaggi con cui si ritrova a convivere (principalmente con Sam, l'amica di cui è innamorato; con l'ambigua Anya, seguace di un culto esoterico contro il "potere del patriarcato"; e con l'amico tossicodipendente Flip, al quale si riferisce la frase che dà il titolo alla pellicola) e mostra, in una serie di flashback, la vita di Danny in tre diversi appartamenti (il n. 47, a Brisbane; il n. 48, a Melbourne, e il n. 49, a Sydney), in ciascuno dei quali "resiste" per soli tre mesi, prima di trovare finalmente il successo come scrittore di racconti per "Penthouse". Senza un vero filo conduttore (né un senso compiuto), il lungometraggio affastella citazioni (alla cultura "alta", vedi Dostoevsky, Sartre, la nouvelle vague, ecc., così come a quella "bassa", vedi Star Trek, Star Wars, Doctor Who... ), riferimenti musicali (da Nick Cave a "California Dreaming", che Danny strimpella alla chitarra) e spunti surreali, cinici, post-tarantiniani (il dialogo iniziale su "Le iene" sembra fare il verso a quelli degli stessi film di Quentin). Nel complesso, un film ricco e curioso, ma anche assai confuso e che procede solo per accumulo: alla fine ci si chiede che cosa volesse dire, se non esprimere un punto di vista esistenzialista e post-moderno. E si ha l'impressione che si potrebbe prendere, smontare, rimontare in maniera diversa (o con pezzi totalmente differenti) e non cambierebbe nulla. Il felafel è un tipo di polpetta araba, anche se da quello che si vede sullo schermo sembra che Flip tenga in mano piuttosto un panino con kebab.

2 commenti:

Babol ha detto...

Il titolo mi ha sempre intrigata per la sua stranezza ma non sono mai riuscita a vederlo!!

Christian ha detto...

Anche a me il titolo aveva sempre incuriosito... Il film è altrettanto "strano", ma fondamentalmente lascia il tempo che trova. Non mancano i momenti divertenti o simpatici,ma nell'insieme non si capisce che senso abbia.