Detachment (Tony Kaye, 2011)
Detachment – Il distacco (Detachment)
di Tony Kaye – USA 2011
con Adrien Brody, Sami Gayle
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Visto al cinema Apollo, in originale con sottotitoli (rassegna di Cannes).
"Non mi sono mai sentito così profondamente distaccato da me stesso, e al contempo così presente al mondo", recita la frase di Albert Camus da cui proviene il titolo del film. Anche il professor Barthes (un sofferto e intenso Adrien Brody) la pensa così: chiamato a insegnare come supplente in un problematico liceo di periferia, frequentato dai "peggiori elementi del distretto", per svolgere al meglio il suo ruolo si presenta ormai privo di sentimenti da ferire o da offendere, quasi anestetizzato dalle durezze della vita. Il suo cinismo, la sua disillusione e i suoi modi spicci gli consentono di non lasciarsi coinvolgere dalla spirale di pessimismo e di negatività che circonda invece i suoi colleghi, docenti e consulenti scolastici lasciati soli nel lavoro come nella vita. E apparentemente gli forniscono pure uno scudo contro i suoi tormenti interiori (ricordi d'infanzia, problemi personali e famigliari). Anche lui, però, sarà costretto a prendere atto del proprio fallimento: il suo breve passaggio come supplente lascerà poche tracce, e come gli altri insegnanti continuerà a essere percepito come una "non persona". Con uno stile da cinema indipendente e un realismo quasi documentaristico, ma senza rinunciare ad attori di fama hollywoodiana (oltre a Brody ci sono, fra gli altri, James Caan, Lucy Liu e Marcia Gay Harden), il regista pubblicitario Tony Kaye realizza un film sulla scuola e sulle problematiche degli studenti osservate dal punto di vista degli educatori, colmo – come il precedente "American History X" – di filosofia nichilista e apocalittica e che non offre facile soluzioni o improbabili riscatti finali. "Ogni insegnante, a un certo punto, crede di poter fare la differenza", si sente dire all'inizio. Ma quelli come Barthes hanno perso da tempo questa illusione, di fronte a ragazzi senza alcun interesse o ambizione (tranne quei pochi che invece, proprio per la loro acuta sensibilità, sono destinati a soffrire o addirittura a spingersi fino al suicidio), a burocrati che non si rendono conto della reale situazione della scuola, a genitori assenti (esemplare la scena dell'incontro con gli insegnanti, disertata da tutti) oppure violenti e oppressivi. Persino Barthes rifiuta inizialmente di fare da padre a Erica (Sami Gayle), la giovanissima prostituta che ha salvato dalla strada e accolto temporaneamente in casa sua, mentre d'altro canto cerca a fatica di insegnare ai suoi alunni il libero pensiero e la forza dell'immaginazione contro le imposizioni del marketing e le idee assimilate. Un po' di retorica (nei dialoghi fra studenti e insegnanti), qualche banalità (tutta la sottotrama con la baby prostituta) e un eccesso di riflessioni metafisiche appesantiscono però un film che per l'argomentro trattato avrebbe meritato di meglio, soprattutto a livello di scrittura (alcune scene, come quella in cui Barthes sclera con la collega che l'ha visto abbracciato a una delle sue studentesse, vanno davvero troppo sopra le righe). Kaye sovrappone elementi – ricordi del protagonista, disegni infantili sulla lavagna, divagazioni con altri personaggi che però risultano sacrificati rispetto alla trama principale, arditi accostamenti fra gli sfoghi degli insegnanti e i discorsi di Hitler – che aggiungono poco al quadro generale e finiscono con accrescere la confusione, incrementando il "distacco" emotivo dallo spettatore, al quale alla fine il messaggio arriva talmente amplificato da perdere in efficacia.
2 commenti:
Sono andata a vederlo solo per Adrien Brody, che non mi ha deluso. L'intensità del suo viso scavato e la docezza dolorosa dello sguardo mi danno sempre un'emozione in più.
Forse grazie a lui, anche tutto il film mi è piaciuto, nonostante l'esagerazione nel descrivere solo gli aspetti negativi sia della scuola che della società, ma in fondo si tratta di un rispecchiamento di una parte di volgarità e assenza di motivazione che sta invadendo anche noi. Impossibile non pensare al film di Peter Weir, L'attimo fuggente, sia per il tentativo dell'insegnante di liberare la mente dei ragazzi dai condizionamenti, sia per il suicidio dell'allievo più dotato, anche se il contesto delle due scuole è completamente diverso: elitario il primo, estremamente popolare il secondo.
Brody è molto bravo, e in realtà tutto il film ha parecchi meriti, peccato solo che non manchino nemmeno i difetti (soprattutto l'atmosfera da film indipendente americano, abbastanza pretenzioso). Il paragone con "L'attimo fuggente" era venuto in mente anche a me, ma poi non ne ho scritto perché a parte alcuni elementi del soggetto (la "solitudine" dell'insegnante, il suicidio di uno degli alunni) i due film hanno toni e scopi molto diversi l'uno dall'altro.
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