Orfeo (Jean Cocteau, 1950)
Orfeo (Orphée)
di Jean Cocteau – Francia 1950
con Jean Marais, María Casares
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Visto in divx, in originale con sottotitoli inglesi.
Il secondo capitolo della cosiddetta "trilogia orfica" di Cocteau, quello che più degli altri si rifà direttamente al mito classico, colloca la vicenda di Orfeo nella Francia del dopoguerra e la rilegge in chiave originale e personale, alla luce del legame indissolubile fra arte e morte ("La morte di un poeta lo rende immortale"), tema già al centro del precedente "Il sangue di un poeta". Qui, più che di Euridice, sua sposa già da tempo, il protagonista si innamora proprio della morte, impersonificata da una bruna principessa presentata inizialmente come una mecenate che ha a cuore i giovani artisti che frequentano il turbolento "Caffé dei Poeti". Di questi Orfeo è il più affermato e popolare, ma è il giovane Segeste il primo a cadere vittima dei suoi accoliti (due inquietanti motociclisti) e ad essere portato nell'aldilà. Quando Orfeo, dopo aver seguito la donna fin nella sua dimora, scopre la sua natura ultraterrena, ne rimane affascinato e diventa ben presto incapace di stare lontano da lei. Lo chauffer della morte, Heurtebise – a sua volta invaghito di Euridice – gli rivela che gli specchi sono le porte per il regno degli inferi ("Guardandoti allo specchio, vedrai la morte al lavoro"): Orfeo li attraverserà dopo il decesso della sua sposa, ma più per rivedere la principessa che per salvare la moglie, verso la quale non può più rivolgere lo sguardo nemmeno dopo essere tornato nel mondo dei vivi (e trasgredirà questa regola, non volendolo, quando la guarderà attraverso lo specchietto retrovisore della sua automobile). Senza rinnegare le atmosfere surreali, ipnotiche e oniriche del film degli anni trenta, anche grazie all'utilizzo di semplici ma efficaci effetti visivi, il lungometraggio è ricco anche di riferimenti concreti al recente passato storico della Francia (i versi di poesia astratta composti da Segeste e che Orfeo ascolta alla radio, apparentemente senza significato, sembrano i messaggi in codice della resistenza trasmessi durante l'occupazione tedesca; il regno dei morti è rappresentato dai palazzi semidistrutti dopo i bombardamenti; il processo nell'Oltretomba ricorda quelli ai partigiani nel periodo della guerra). Nel cast, Juliette Gréco intepreta la leader delle "baccanti", il gruppo di femministe di cui un tempo aveva fatto parte anche Euridice. L'idea della morte impersonificata da una giovane donna (qui l'attrice spagnola María Casares: pare che Cocteau avesse pensato inizialmente a Greta Garbo o Marlene Dietrich!) mi ha fatto pensare al "Sandman" di Neil Gaiman, dove si ritrova anche la parentela fra sonno e morte.
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