Arca russa (A. Sokurov, 2002)
Arca russa (Russkiy kovcheg)
di Aleksandr Sokurov – Russia 2002
con Sergei Dontsov, Mariya Kuznetsova
***1/2
Rivisto in DVD con Eleonora, Ginevra, Paola e Rachele.
In compagnia di un misterioso viaggiatore spazio-temporale, un uomo (che non vediamo mai in volto – l’intero film è in soggettiva, come se guardassimo attraverso i suoi occhi – e la cui voce nella versione originale è quella del regista stesso) si sposta attraverso le varie sale del Palazzo d’Inverno del museo Hermitage di San Pietroburgo, trasformato in una ‘arca’ (come ci sarà rivelato nell’ultima inquadratura, l’unica che ha richiesto un intervento digitale in post produzione, raffigurante il mare che circonda l’edificio) che trasporta al proprio interno, custodendoli e preservandoli, tre secoli di arte e di storia del palazzo, della città e della Russia. Girato con straordinaria maestria tecnica in un unico piano sequenza di 90 minuti, il film di Sokurov – la cui visione è un’esperienza davvero unica nel suo genere – offre contemporaneamente una visita virtuale a uno dei musei più belli del mondo (ci vengono mostrati quadri, sculture, oggetti e arredamenti, oltre che i corridoi, i pavimenti, i soffitti, i cortili, le scalinate e le sale stesse del museo) e un’affascinante immersione fra gli episodi, gli eventi e i personaggi più salienti del periodo in esame (da Pietro il Grande a Caterina II, dallo zar Nicola I fino agli ultimi Romanov), con riflessioni sull’arte e la vita, il potere e lo sfarzo, la guerra e la caducità, il divertimento e la melanconia, lo “spirito russo” e il continuo confronto con l’Europa (rappresentata dal compagno di viaggio del protagonista, ispirato a una figura realmente esistita: il marchese de Custine, aristocratico francese che nella prima metà dell’ottocento scrisse un celebre resoconto del suo viaggio alla corte degli zar).
Già nel 1948 Alfred Hitchcock aveva avuto l’idea di realizzare un film che consistesse in un solo e ininterrotto piano sequenza, senza alcuno stacco di montaggio: ma ai tempi di “Nodo alla gola” c’erano limitazioni tecnologiche (la durata dei rulli di pellicola impose a Hitch di “oscurare” lo schermo a intervalli regolari per permettere il cambio di bobina) che le videocamere digitali permettono invece di superare. La macchina da presa si sposta alternando primissimi piani a campi larghi, mostra scene in interni come in esterni, indugia su piccoli dettagli delle opere d’arte e si libra dinamicamente attraverso un salone ricolmo di comparse e persino tra le fila di un'orchestra, diretta da Valery Gergiev: memorabili, in particolare, la scena del ballo e la lunga discesa della scalinata con cui si conclude il film. L’identificazione del protagonista del film con il regista, o magari con lo spettatore stesso, talvolta ribadisce le regole cinematografiche (ci aggiriamo fra gli attori, invisibili ai loro occhi, osservandone le azioni e spiandone i dialoghi) e talvolta le ribalta clamorosamente (quando alcune comparse sono colte a lanciare uno sguardo in camera – atto spiegato diegeticamente con la presenza di “sensitivi” alla corte dello zar – è come se per una volta fossero gli attori a osservare noi spettatori, e a rendersi conto della nostra presenza). Grandiosi i costumi e, ovviamente, le scenografie. Fra le oltre duemila comparse (!) figurano anche alcuni dei direttori passati e presenti del museo. Per curiosità, va segnalato che il film venne girato solo al terzo e ultimo ‘ciak’ utile, dopo che i primi due tentativi furono interrotti per problemi tecnici. L’operatore della Steadycam, nonché direttore della fotografia, è Tilman Büttner.
0 commenti:
Posta un commento