Hidden Fortress: The Last Princess (S. Higuchi, 2008)
Hidden Fortress: The Last Princess (Kakushi toride no san akunin: The last princess)
di Shinji Higuchi – Giappone 2008
con Jun Matsumoto, Hiroshi Abe
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Visto in volo da Osaka a Londra, in originale con sottotitoli inglesi.
Pedissequo remake de "La fortezza nascosta" di Kurosawa, a colori, con effetti speciali e soprattutto con la presenza di moderne star adolescenziali e televisive. Pur essendo pressoché identica all'originale, la storia dà meno peso al personaggio del samurai Rokurota (d'altronde il carisma di Toshiro Mifune, che lo aveva interpretato nel 1958, era inimitabile) e trasforma nei veri protagonisti il minatore (non più contadino) Takezo e la principessa Yuki, concedendo loro persino una love story che era impensabile nella versione precedente ma che naturalmente gli spettatori moderni non potevano non attendersi da attori come Matsumoto (protagonista del telefilm di successo "Hanayori dango") e Masami Nagasawa. Più ampio e articolato anche il finale, che curiosamente sembra riappropriarsi di temi e situazioni di "Guerre stellari" (com'è noto, il film di George Lucas era debitore per molti spunti al lungometraggio originale di Kurosawa), per esempio introducendo l'assalto alla fortezza dove il "cattivo" Takayama tiene prigioniera la principessa e dalla quale intende invadere il paese vicino, o rappresentando lo stesso Takayama con maschera ed elmo nero alla Darth Vader. Come detto, più che la trama i maggiori cambiamenti riguardano i personaggi: la principessa Yuki è fin troppo sensibile verso le ingiustizie sociali, turbata dalle differenze di casta, angosciata per le morti dei suoi seguaci e persino per quelle dei suoi nemici ("ogni vita è preziosa"), mentre il tema del riscatto delle classi inferiori, del tutto assente in Kurosawa, viene sottolineato a più riprese, soprattutto nel finale. Takezo e Shimpaichi (da notare che al cambiamento del loro ruolo da passivo ad attivo corrisponde anche un cambio di nome: in Kurosawa i due personaggi si chiamavano Tahei e Matashichi) vengono maggiormente differenziati (il primo è un eroe, il secondo un buffo comprimario), e anche l'aspetto geografico/politico è delineato più chiaramente sin dal prologo, a beneficio di spettatori forse poco predisposti all'attenzione verso le vicende storiche (non a caso la pellicola sembra ambientata in un medioevo immaginario, nel quale convivono spade e armi da fuoco, antichi riti barbari e anacronistiche tensioni sociali).
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