7 novembre 2006

All the invisible children (aavv, 2005)

All the invisible children
di Mehdi Charef, Emir Kusturica, Spike Lee, Katia Lund, Jordan e Ridley Scott, Stefano Veneruso, John Woo – Italia 2005
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Visto in DVD, con Albertino.

Film a episodi concepito da produttori italiani (fra cui Maria Grazia Cucinotta) sul tema dei "bambini invisibili" e delle loro condizioni disagiate in diverse parti del mondo: all'operazione, patrocinata dall'Unicef, si sono prestati alcuni grandi registi con cortometraggi di 15-20 minuti. Il risultato non è male, anche se lo stile tende troppo al leccato e alcuni episodi mancano di mordente. Il migliore mi è parso il segmento di Kusturica, ma anche quello di Spike Lee è molto bello. Interessanti, a modo loro, quelli di Ridley Scott (in compagnia della figlia Jordan, che ne ha anche scritto la sceneggiatura) e di John Woo. Gli altri tre sono assolutamente dimenticabili. Scendendo nei dettagli:

"Tanza" di Mehdi Charef, con Adama Bila (**). Girato in Burkina Faso ma ambientato in un paese africano imprecisato, racconta di un bambino guerrigliero incaricato di far saltare in aria la scuola di un villaggio. Interessante ma esile e dalla confezione forse fin troppo pulitina.

"Blue Gypsy" di Emir Kusturica, con Uroš Milovanović e Goran R. Vračar (***). Un giovane zingaro, terminato il suo periodo di detenzione in un centro per il recupero minorile, ne esce soltanto per farci ritorno volontariamente quasi subito. Il solito scoppiettante Kusturica, con il suo humour, la musica, la simpatia contagiosa per i propri personaggi.

"Jesus Children of America" di Spike Lee, con Hannah Hodson, Andre Royo (***). Una bambina di Brooklyn viene emarginata dalle compagne di scuola perché i suoi genitori sono tossici e sieropositivi. L'episodio più triste e intenso del film. Ottimi gli attori.

"Bilu & João" di Katia Lund, con Francisco Awanake e Vera Fernandez (*1/2). Due ragazzini di una favela brasiliana vagabondano per le strade di São Paolo in cerca di rifiuti, lattine e cartoni da rivendere. Assieme a quello italiano (vedi poi), è l'episodio che mi ha detto di meno: anche lo spaccato di vita che presenta mi è sembrato un po' troppo idealizzato.

"Jonathan" di Jordan Scott e Ridley Scott, con David Thewlis e Kelly MacDonald (**). Un fotografo di guerra fa ritorno alla propria infanzia e attraversa un mondo violento pieno di orfani che vivono in gruppo. Un episodio onirico, strano e surreale, con la solita fotografia luminosa dei film di Scott. Non del tutto convincente, comunque.

"Ciro" di Stefano Veneruso, con Daniele Vicorito ed Ernesto Mahieux (*1/2). Ambientato in una Napoli piena di musicisti e saltimbanchi, presenta un ragazzino che vive rubando i rolex agli automobilisti ma che in fondo, come i suoi compagni, sogna ancora di andare sulle giostre. Piatto e stereotipato, con una confezione forse troppo lussuosa per l'argomento (la fotografia è di Storaro). Veneruso è un produttore che ha lavorato come aiuto regista sui set de "La passione di Cristo" e "Gangs of New York".

"Song Song & Little Cat" di John Woo, con Zhao Zhicun, Qi Ruyi (**1/2). È la storia di due bambine unite da una bambola che passa di mano dall'una all'altra. Song Song è ricca ma soffre per la separazione dei genitori, Little Cat è una trovatella allevata da un vecchio senzatetto. Un racconto strappalacrime, forse non del tutto nelle corde di John Woo, che comunque fa un buon lavoro grazie anche alle due ottime attrici in erba (quella che interpreta Song Song sarebbe adatta per un film dell'orrore, tanto ha un volto inquietante!).

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