10 ottobre 2011

La leggenda della fortezza di Suram (S. Paradžanov, 1984)

La leggenda della fortezza di Suram (Ambavi Suramis tsikhitsa)
di Sergej Paradžanov – URSS 1984
con Zura Kipshidze, Sofiko Chiaureli
**1/2

Visto in divx, in originale con sottotitoli.

A sedici anni dal suo film precedente, e dopo aver sofferto lunghi periodi di ostracismo (e persino di prigionia) da parte delle autorità sovietiche, Paradzanov torna al cinema con una pellicola ispirata a un'antica leggenda georgiana (resa celebre nell'ottocento dallo scrittore Daniel Chonkadze) e girata nello stesso stile dei suoi lavori immediatamente precedenti, "Le ombre degli avi dimenticati" e "Il colore del melograno". La fortezza del titolo è una delle molte fortificazioni che il re di Georgia fa erigere per proteggere il paese dalle invasioni nemiche. Ma le sue mura continuano a crollare, e ogni tentativo di ricostruirle si rivela vano, fino a quando – su suggerimento di una veggente – nelle sue fondamenta non sarà murato vivo un giovane ragazzo. Il prescelto, che sceglierà liberamente di sacrificare sé stesso, è Zurab, il cui padre Durmishkhan era stato un tempo un servitore proprio del re georgiano. Dopo aver ottenuto la libertà Durmishkhan era partito per fare fortuna, abbandonando dietro di sé l'amata Vardo, e si era messo al servizio di un ricco mercante (che a sua volta, in gioventù, era fuggito dalla propria patria dopo aver ucciso il suo precedente padrone). Col tempo, Durmishkhan dimentica il proprio popolo e sposa un'altra donna, che dà alla luce suo figlio Zurab. Nel frattempo Vardo, disperata per essere stata abbandonata, diventerà una veggente: e sarà proprio lei a suggerire come rendere stabili le mura della fortezza, ovvero murando al suo interno quello che "avrebbe potuto essere suo figlio". La commistione fra eventi storici (la vicenda si svolge sullo sfondo delle guerre fra cristiani e islamici) e fiabeschi (la narrazione è continuamente interrotta da sogni, presagi, racconti e flashback), oltre alla messa in scena che estremizza il ruolo di scenografie, ambienti e oggetti (molte sequenze sono veri e propri tableaux vivants, dove personaggi in costume – santi, mercanti, contadini, veggenti, guerrieri – posano fra animali, tappeti, vasi, mappe, carovane, o sono protagonisti di feste popolari, preghiere, riti e cerimone), anche se ne ostacolano la linearità narrativa, lo rendono un film visivamente affascinante e assai ricco dal punto di vista estetico.

2 commenti:

Giuliano ha detto...

visto in sala, quando uscì nei cinema: ricordo che eravamo in cinque spettatori...
mi piace moltissimo, sembra di assistere a un sogno. Paradzhanov parlava esplicitamente dell'influenza del cinema di Pasolini, ed in effetti se guardi Le mille e una notte, Medea, Edipo re, si capisce di cosa sta parlando. Diceva anche che molti dei rituali che si vedono nei suoi film sono stati inventati, altri sono veri, insomma ci sarebbero un bel po' di cose da dire...
:-)

Christian ha detto...

Sì, l'atmosfera è molto onirica, o fiabesca, e direi che proprio questo è il suo punto di forza. In parte riesce ad affascinare anche me, che non amo molto il cinema "non narrativo"...