Play time (Jacques Tati, 1967)
Play time - Tempo di divertimento (Play Time)
di Jacques Tati – Francia 1967
con Jacques Tati, Barbara Dennek
***
Rivisto in DVD, con Hiromi.
Quarto lungometraggio di Tati, realizzato a ben nove anni di distanza dal precedente "Mio zio" e con uno sforzo produttivo di proporzioni gigantesche: l'attore/regista fece costruire un set grande come un intero quartiere, battezzato "Tativille", per girarvi la prima parte della pellicola (la seconda è invece ambientata quasi interamente in un ristorante). Come di consueto il suo stile mescola gag prevalentemente visive a situazioni paradossali e riduce il linguaggio parlato quasi a un rumore di fondo, spesso del tutto ininfluente ai fini della comprensione di quel che si vede sullo schermo. Protagonista (ma meno del solito) è ancora una volta il personaggio stralunato di Monsieur Hulot, alle prese con un mondo moderno, tecnologico e impersonale, nel quale si trova come un pesce fuor d'acqua. Inizialmente lo vediamo aggirarsi in un futuristico palazzo di metallo, nel disperato tentativo di interloquire con uno sfuggente burocrate. Poi lo seguiamo all'interno di una fiera commerciale, fra invenzioni bizzarre e clienti curiosi. In seguito viene invitato da un amico a visitare il suo nuovo appartamento, le cui pareti di vetro consentono ai passanti di osservare tutto ciò che avviene fra le mura domestiche. E infine trascorre la serata in un ristorante di lusso, proprio la sera dell'inaugurazione, dove tutto – per la disperazione dei camerieri – sembra andare storto. Sotto accusa, oltre allo stile di vita moderno (come nei film precedenti), ci sono la pianificazione architettonica, il design urbano, l'organizzazione aziendale e la scomparsa dei rapporti umani. La sola anima affine, Hulot la trova nella giovane turista americana che – unica del suo gruppo – trova il tempo di fotografare una vecchia fioraia o di ammirare i monumenti di Parigi riflessi nelle porte a vetro dei palazzi moderni, mentre il tour guidato al quale sta partecipando la trascina attraverso scenari metropolitani che non hanno nulla di parigino (come sottolineano, ironicamente, i manifesti dell'agenzia di viaggi che mostrano le diverse località del mondo attraverso immagini di un edificio sempre uguale). Pur se meno bello dei lavori precedenti, il film si lascia apprezzare per il ritmo lento e svagato, la perfezione formale (l'uso dei colori o dei suoni, la direzione delle comparse, la ricchezza delle scenografie) e il crescendo nella scena del ristorante. Truffaut lo definì "un film venuto da un altro pianeta". Girato in 70 mm con un procedimento tecnologico innovativo, fu un insuccesso commerciale che portò Tati al fallimento e di fatto pose fine alle sue ambizioni artistiche indipendenti.
4 commenti:
Jacques Tati era un grande!
Sempre interessanti le tue segnalazioni. Questo film in partocolare lo ricordo abbastanza bene nonostante l'abbia visto una decina di anni fa.
Tati era un grandissimo... I suoi film migliori, secondo me, sono però quelli precedenti a questo: "Le vacanze di Monsieur Hulot" e "Mio zio".
Grandissimo film e... sì, anche per me i due film da te citati sono i migliori di Tati.
molto sottovalutato. il fantastico mondo di A. è la sua versione commerciale e da cartolina. hai ragione da vendere: è storia del cinema
Posta un commento