The hole – Il buco (Dong)
di Tsai Ming-liang – Taiwan 1998
con Yang Kuei-mei, Lee Kang-sheng
***1/2
Rivisto in divx, con Martin, in originale con sottotitoli.
Mentre il capodanno del 2000 si avvicina e le piogge torrenziali scuotono la città, Taipei è colpita da una misteriosa epidemia: un virus di origine sconosciuta, trasmesso dagli scarafaggi, spinge gli esseri umani a comportarsi in modo psicotico e a rintanarsi come insetti in cerca di buio e di umidità. Intere aree vengono messe in quarantena, la raccolta dei rifiuti e l'erogazione dell'acqua potabile sono sospese per costringere gli abitanti ad andarsene. Fra coloro che restano nella propria casa ci sono un uomo e una donna che vivono in due appartamenti di un immenso condominio, l'uno sopra l'altro. I due non si conoscono, non hanno alcun contatto e si parlano a malapena, ma un buco scavato nel pavimento/soffitto delle rispettive abitazioni finirà con mettere in comunicazione i loro spazi vitali e a unirli indissolubilmente. E quando lei sembrerà aver contratto la malattia, lui riuscirà a "riportarla alla luce", sottraendola alla solitudine e all'alienazione.
Pellicola geniale, insolita nella forma e ricca nei contenuti: pur con i consueti tempi lenti e l'attenzione ai piccoli gesti quotidiani, Tsai prova stavolta a universalizzare i propri temi (i protagonisti non hanno nome, l'ambientazione fantascientifica è una metafora del mondo intero) e ravviva il contesto della vicenda con bizzarri inserti musicali che esplicitano pensieri e sentimenti e nei quali la donna interpreta – nella propria fantasia – una serie di brani anni '50 della cantante Grace Chang (alla quale è dedicato un ringraziamento finale). Vedere gli abiti colorati e le raffinate coreografie dei balletti prendere vita negli ambienti degradati dell'edificio crea un insolito cortocircuito nella mente dello spettatore. Ma tutto il lungometraggio si mantiene miracolosamente in equilibrio fra il surreale e il quotidiano, senza rinunciare all'ironia e all'assurdo per mostrare il malessere e il disagio esistenziale. Da annoverare fra i migliori lavori del regista, è stato anche il suo primo film che ho visto, quando uscì nelle sale italiane in versione sottotitolata. Indimenticabile – e angosciante – la pioggia scrosciante che cade in continuazione. La pellicola (che fa parte di una serie di lungometraggi, "2000 as seen by...", commissionata a registi di tutto il mondo dal canale televisivo francese Arte) è completamente girata in interni, dalle camere spoglie degli appartamenti con le pareti scrostate per l'umidità, alle scale e ai corridoi del condominio, fino alle vaste sale vuote del mercato coperto dove l'uomo lavora.
uno dei più amati di Tsai...mi hai fatto venire voglia di rivederli tutti...
RispondiEliminaOgni tanto rivedersi un film di Tsai è pure rilassante...! ^^
RispondiEliminaforse qui le 4 stelle te le saresti potute giocare :)
RispondiEliminaanche io ho conosciuto tsai ming liang con the hole al cinema. un'uscita più unica che rara, in italia.
bella questa retrospettiva che stai (state, tu e martin) portando avanti.
A dir la verità, per le quattro stelline avevo pensato anche a "Vive l'amour", poi ho soprasseduto perché sono un po' allergico ai voti estremi (dare il massimo o il minimo dei voti costituisce per me una sorta di barriera psicologica, come a dire che quel film non può essere superato né nel bene né nel male, e dunque mi trattengo).
RispondiEliminaMa nulla di impedisce di cambiare idea in futuro: già adesso torno spesso a cambiare le stelline, alla chetichella, ai film già visti o recensiti in passato.
Stelline a parte, che lasciano il tempo che trovano, continuo a pensare che, per quanto ho visto finora, sia Vive l'amour il punto più alto del cinema di Tsai.
RispondiEliminaCol tempo potrei anche arrivare a parlare di capolavoro.
Tutto considerato sono d'accordo con te, Martin. ma subito dopo ci metto questo "The hole" e "Goodbye Dragon Inn".
RispondiElimina