Ana arabia (id.)
di Amos Gitaï – Israele 2013
con Yuval Scharf, Yussuf Abu Warda
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Visto al cinema Apollo, in originale con sottotitoli
(rassegna di Venezia).
Una giovane giornalista si reca in una zona periferica di Jaffa, dove è da poco morta una donna con un'interessante storia alle spalle: sopravvissuta ad Auschwitz e all'Olocausto, si è poi convertita all'Islam per sposare un arabo. Aggirandosi nei cortili della casa dove abitava, la giornalista incontra il marito, la figlia, la nuora, parenti, vicini e amici della defunta, che le parlano di lei e di mille altre cose... Girato in un unico piano sequenza (come "Arca russa", ma con meno maestria tecnica) e in tempo reale, è un film che scava nella vita di una comunità di arabi ed ebrei che convivono pacificamente in una "terra di confine", quasi invisibile al resto del mondo: un insieme di case, di baracche e di orti alla periferia della città, come rivela l'ultima inquadratura in cui finalmente la macchina da presa, all'imbrunire e sulle note della prima sinfonia di Mahler, si innalza per mostrarci una visuale a 360 gradi dell'ambiente circostante. Come capita spesso con il cinema di Gitaï, mi è parso un lavoro che nasce più da uno sfoggio di stile che dal sincero desiderio di raccontare qualcosa. Le conversazioni e i dialoghi si susseguono senza sosta, attraversando i più diversi argomenti (la vita, il lavoro, l'amore), mentre la giornalista annota diligentemente sul suo taccuino gli spunti più interessanti; ma alla pellicola manca un centro nevralgico e sembra più tenuta insieme dall'aspetto tecnico (il piano sequenza, appunto) che non dai personaggi o dalle esigenze narrative. E alla fine, ci si annoia pure un bel po'.
Assolutamente da vedere!
RispondiEliminaMah... io ho avuto la sensazione che giri su se stesso per non dire in fondo nulla di interessante, e che sia tenuto insieme solo dall'esigenza (o dal desiderio) del regista di fare un film in un solo piano sequenza... A questo punto, meglio "Arca russa", che qualche brivido lo dava (la scena del ballo, l'inquadratura finale...).
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