27 luglio 2021

Superstizione andalusa (S. de Chomón, 1912)

Superstizione andalusa (Superstition andalouse)
aka Soñar despierto (Rêver réveille)
di Segundo de Chomón – Spagna/Francia 1912
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Visto su YouTube.

Dopo aver cacciato via in malo modo una zingara che voleva leggere la mano al suo fidanzato Pedro, la giovane Juanita si immagina la vendetta della donna (tutto il film è di fatto un suo sogno a occhi aperti), che manda tre banditi a rapire l'uomo e a condurlo nel proprio antro, per poi terrorizzarlo con apparizioni magiche e infine conquistarne l'amore. Terminato il sogno, Juanita richiama a sé la zingara e si riconcilia con lei. Eccezionale "canto del cigno" per Chomón, un film che secondo alcuni storici del cinema potrebbe aver ispirato addirittura Luis Buñuel e Salvador Dalì (che ne scimmiotteranno il titolo nel loro celebre "Un chien andalou"). Pur rimanendo sotto contratto con la Pathé, nel 1910 il regista spagnolo era tornato in patria e aveva dato vita a una casa di produzione indipendente a Barcellona, la Ibérico Films, le cui pellicole venivano poi mandate in Francia per il montaggio finale e la colorazione a mano. La Ibérico avrà però vita breve: questa "Superstizione andalusa" è l'ultima sua produzione, prima che Chomón si trasferisse in Italia dal 1912, dove si occuperà per lo più di effetti speciali (anche in colossal quali "Cabiria"). Nonostante qualche ingenuità residua del cinema dei primordi (l'influenza di Méliès ha contraddistinto tutta la carriera di Chomón), il cortometraggio brilla tecnicamente nella fusione fra la narrazione e gli effetti ottici (che produce un mix di concretezza e oniricità), nell'ottimo uso dei colori (in particolare nella copia restaurata, dove appaiono assai realistici, sicuramente più della media dei lavori dell'epoca), degli ambienti e della profondità di campo. E se a livello di montaggio e di movimenti di macchina non offre particolari innovazioni (se lo paragoniamo ai coevi lavori di Griffith e della nuova generazione di cineasti che stava nascendo), sono però da segnalare gli zoom sul volto della protagonista Juanita (in avanti all'inizio, indietro alla fine) rispettivamente quando comincia e termina il sogno a occhi aperti. Interessante anche il soggetto, con Juanita che in preda ai sensi di colpa, in un certo senso, si "punisce da sola" (la vendetta della zingara non mira a farle del male direttamente, ma a sottrarle l'innamorato). La vicenda immaginata si divide in una prima parte "avventurosa" (il rapimento di Pedro, l'inseguimento a cavallo nel bosco e al guado, la sparatoria) che sembra un western (!), e una seconda che si rifà più propriamente al "cinema delle attrazioni" con le varie stregonerie della zingara realizzate attraverso trucchi ottici (sovrimpressioni e simili): dai fantasmi che si materializzano alle creature mostruose contenute negli alambicchi.

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