30 novembre 2020

L'Atalante (Jean Vigo, 1934)

L'Atalante (id., aka Le chaland qui passe)
di Jean Vigo – Francia 1934
con Jean Dasté, Rita Parlo, Michel Simon
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Rivisto in DVD, in originale con sottotitoli.

Jean (Dasté) sposa la bionda Juliette (Dita Parlo) e la porta a vivere con sé sull'Atalante, la chiatta di cui è capitano e con la quale, insieme all'anziano père Jules (Michel Simon) e a un giovane mozzo (Louis Lefèbvre), naviga per i canali della rete fluviale francese. Ma la ragazza, anche se non era mai uscita in precedenza dal proprio villaggio, fatica ad adattarsi alla vita a bordo e sogna di visitare le bellezze di Parigi. Una sera, mentre la chiatta è attraccata a Corbeil, Juliette scende sulla riva per raggiungere da sola la grande città. Jean, in preda all'ira, decide di ripartire senza aspettarla. Se ne pentirà quasi subito, e la separazione forzata lo farà precipitare nella depressione e nella disperazione. Sarà père Jules a risolvere la situazione, ritrovando la ragazza e riportandola a bordo. L'ultimo film di Jean Vigo (che morirà nell'ottobre dello stesso anno, un mese dopo l'uscita del film, a soli 29 anni, per le complicazioni della tubercolosi), nonché il suo unico lungometraggio (il precedente "Zero in condotta" durava solo 41 minuti), è una delle pellicole più belle, influenti e significative del cinema francese. Eppure alla sua uscita fu pressoché ignorata, quando non ferocemente criticata. Colpa dei distributori, che tagliarono e alterarono pesantemente il materiale girato, ma in un certo senso anche dello stile filmico di Vigo, anarchico e apparentemente datato: "L'Atalante" sembra infatti quasi un film muto di dieci o vent'anni prima: i (pochi) dialoghi non hanno molta importanza e, quando ce l'hanno, potrebbero essere tranquillamente sostituiti da cartelli. Più importante – nonostante una sincronizzazione del sonoro non sempre perfetta – è la musica, composta da Maurice Jaubert, con "la canzone dei marinai" (le chant des mariniers) che nel finale aiuta père Jules a ritrovare Juliette, perché la ragazza la sta ascoltando in una audioteca pubblica. Da notare che i distributori, alla prima uscita del film, la sostituirono con la più popolare "Le chaland qui passe" di Lys Gauty (ovvero una cover di "Parlami d'amore Mariù"!), reintitolando in questo modo anche la pellicola. Soltanto negli anni quaranta il film venne riproposto con il titolo originale e le scene in precedenza tagliate, prima di essere completamente restaurato nel 1990.

Se lo spunto narrativo appare esile e molto semplice (Vigo e il co-sceneggiatore Albert Riéra adattarono un breve soggetto di Jean Guinée, dopo che l'idea iniziale del regista di girare un film sull'anarchico Eugène Dieudonné era stata scartata per evitare problemi in seguito all'accoglienza controversa di "Zero in condotta"), la profondità dei personaggi, il realismo dell'ambientazione e la poesia che ne scaturisce hanno pochi rivali in campo cinematografico, grazie anche alla leggerezza e alla libertà che la pellicola emana in ogni fotogramma e che suscitarono l'entusiasmo, per esempio, dei registi della Nouvelle Vague che la riscoprirono nel dopoguerra. Evidenti, per esempio, le influenze che il film (come peraltro tutto il cinema di Vigo) ebbe sui lavori di François Truffaut. Il film ha toni universali, al tempo stesso concreti e onirici, drammatici e comici, realistici e fiabeschi. Il suo romanticismo, che vola a livelli altissimi, non trascura gli aspetti più difficili di una relazione amorosa (i bisticci, i rancori, le gelosie), facilitando il coinvolgimento di ogni spettatore. All'interno di un setting prosaico e proletario, la poesia nasce dalle immagini, dai personaggi, dai sentimenti, dall'ambientazione, dalla vita, dalle piccole cose (gli innumerevoli gattini che circondano père Jules, la musica, la superficie dell'acqua). Se Jean Dasté aveva già recitato per Vigo nel film precedente, Dita Parlo (appena tornata in Francia dopo aver lavorato sei anni in Germania) e Michel Simon (la "star" della pellicola, protagonista due anni prima del "Boudu salvato dalle acque" di Jean Renoir) gli furono suggeriti dalla produzione. Simon, in particolare, dà vita a un personaggio indimenticabile, un tuttofare comico e burbero protagonista di divertenti gag (come quella in cui è vittima dello scherzo del mozzo, che gli fa credere di poter suonare un disco con il dito). Girato nell'inverno 1933/34 (e chissà se le condizioni fredde e umide non abbiano aggravato la salute del regista), diverse scene furono improvvisate, come tutta la sequenza del venditore ambulante nella sala da ballo, per la quale Vigo lasciò ampia libertà all'attore Gilles Margaritis.

Naturalmente è impossibile parlare de "L'Atalante" senza fare un riferimento a "Fuori orario", la trasmissione notturna su Rai 3 che per anni ha utilizzato una sequenza di questo film come sigla d'apertura, abbinata alla canzone "Because the night" di Patti Smith. Ogni cinefilo che abbia trascorso innumerevoli notti a seguire (o a videoregistrare) la trasmissione contenitore di Enrico Ghezzi in cerca di "chicche" cinematografiche la conosce ormai a memoria, e tutto ciò non fa altro che accrescere l'amore verso questa pellicola. Si tratta peraltro di una delle sequenze più immaginifiche, suggestive e visionarie, quella in cui Jean si tuffa nel fiume "in cerca" di Juliette, che in precedenza gli aveva detto che se si guarda sott'acqua con gli occhi aperti si vedrà la persona amata. Vigo (memore di alcune sequenze del suo precedente cortometraggio "Taris o del nuoto") accosta in sovrimpressione le immagini di Jean che nuota sott'acqua con l'apparizione ridente di Juliette, in abito da sposa, quale ninfa o sirena sottomarina. L'eccellente fotografia di Boris Kaufman (fratello di Dziga Vertov) e il montaggio di Louis Chavance fanno il resto. Lo scenografo è Francis Jourdain, un vecchio amico del padre del regista. L'ambientazione fluviale concorre certo ad accrescere il fascino del film, una pellicola che in fondo parla di movimento passivo: i protagonisti si lasciano trascinare dalle acque e dalla corrente, quando qualcuno vuole "fare" qualcosa finisce col provocare un danno (Juliette quando vuole andare a Parigi, Jean quando decide di abbandonarla), ma solo perché non hanno messo chiarezza nei propri sentimenti. Il tuffo in acqua servirà proprio a questo, a scuotersi e schiarirsi le idee: e l'abbraccio finale fra i due innamorati ne segna la felice riconciliazione, senza alcun bisogno di parole, di scuse o di giustificazioni. Cosa c'è di più (semplicemente) romantico?

2 commenti:

Marisa ha detto...

Per tanto tempo è stato il mio film preferito e rimane un vero e proprio...mito...

Christian ha detto...

Incarna in maniera mirabile la poesia del cinema francese e il fascino di quello muto (pur essendo, in realtà, un film sonoro), con personaggi che sembrano vivi, un'ambientazione originale e immagini che colpiscono per la strana fusione fra realismo e surrealismo!