14 maggio 2020

5 è il numero perfetto (Igort, 2019)

5 è il numero perfetto
di Igort – Italia 2019
con Toni Servillo, Carlo Buccirosso
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Visto in TV.

In una Napoli buia, piovosa e diroccata, l'anziano "guappo" Peppino Lo Cicero (Toni Servillo con un naso finto), sicario in pensione, riprende in mano le armi e scatena una guerra fra bande per vendicare il figlio Nino (Lorenzo Lancellotti), tradito dal boss per cui lavorava. Al suo fianco l'amico di sempre, Totò o' Macellaio (Carlo Buccirosso), e l'ex amante Rita (Valeria Golino). All'esordio come regista cinematografico, il fumettista Igort (Igor Tuveri) porta sullo schermo una delle sue graphic novel di maggior successo, una storia di tradimenti, vendette e rappresaglie ambientata negli anni Settanta, con una trama fortemente debitrice ai classici del noir e alle pellicole di arti marziali dell'estremo oriente (con citazione esplicita: il protagonista va al cinema a vedere "Cinque dita di violenza"). Se i temi sono già visti e rivisti mille volte, la forma è però (post-)moderna, con divisione (piuttosto pretestuosa, a dire il vero) in capitoletti e un forte sbilanciamento sul versante stilizzato ed estetico (la fotografia è di Nicolaj Brüel): non c'è da stupirsi, dopotutto, vista l'origine fumettistica. Purtroppo i difetti di scrittura sono notevoli: non tanto per la poca originalità della trama (su canovacci simili c'è chi ha realizzato dei capolavori, Melville, Woo e Kitano in primis) o della stessa forma-fumetto (da "Sin City" e "The Spirit"), quanto per la debole caratterizzazione dei personaggi che gravitano attorno al protagonista (quello interpretato dalla Golino, per esempio, è fondamentalmente inutile), per non parlare di elementi che sembrano scollegati l'uno dall'altro (come l'aneddoto che dà il titolo alla pellicola), una generale confusione narrativa e un colpo di scena poco sensato, che giunge fuori tempo massimo. Non si capisce inoltre perché si mescolino luoghi reali (Napoli) e immaginari (il Parador, fittizio paese del Centro America dove si svolge il finale), e lo stesso vale per i riferimenti culturali (basti pensare ai fumetti citati durante la pellicola: un comic book americano inventato, "L'uomo gatto", è contrapposto ai tascabili neri italiani come "Diabolik" e "Kriminal" per far riflettere sui ruoli degli eroi e dei cattivi nelle rispettive culture). Si salva invece l'ambientazione, finta ma fascinosamente irreale, e il mix di nostalgia e disillusione. Dialoghi spesso inintellegibili, un difetto di quasi tutto il cinema italiano recente.

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