26 febbraio 2020

Il selvaggio (László Benedek, 1954)

Il selvaggio (The Wild One)
di László Benedek – USA 1954
con Marlon Brando, Mary Murphy
***

Visto in divx.

Una banda di bikers, guidata dal ribelle Johnny (Marlon Brando), arriva in una tranquilla cittadina di provincia, in cerca di birra, musica e divertimento, seminando disordine, confusione e anarchia. La tensione fra i motociclisti e gli abitanti del paese cresce a dismisura, nonostante i tentativi dell'anziano sceriffo di mantenere la calma, fino a sfociare in tragedia. Uno dei primi film hollywoodiani a descrivere il mondo delle gang di motociclisti, antesignano di "Easy rider" nel dare corpo al desiderio di fuga, di libertà e di ribellione di giovani insofferenti verso le regole e le convenzioni sociali dei loro padri. Brando, con il suo giubbotto di pelle nera, le basette, gli occhiali scuri e il berretto, divenne una vera e propria icona, un bad boy che influenzò profondamente l'immaginario culturale degli anni cinquanta (in coppia con James Dean, che l'anno successivo sarà protagonista di "Gioventù bruciata"). Il film si dipana quasi come un western, con la cittadina di provincia la cui tranquillità è messa a dura prova dall'arrivo dei motociclisti, ma quello che più colpisce è la figura di Johnny, antieroe al tempo stesso carismatico e perdente, che vaga senza meta e senza alcun rispetto o fiducia per l'autorità o il conformismo. A chi gli chiede, infatti, "Contro che cosa vi ribellate?", risponde senza battere ciglio: "Contro di voi". E dunque persino nei confronti della banda rivale guidata da Chino (Lee Marvin) mostra una solidarietà che non può invece essere espressa verso la polizia o il sistema. L'unico personaggio con cui sembra poter stringere una qualche forma di contatto umano è Kathie (Mary Murphy), la giovane barista che, proprio come lui, sogna di fuggire dall'ambiente in cui vive ma che è comunque legata alla propria comunità e al rispetto delle regole, anche perché è la figlia dello sceriffo locale (Robert Keith). Fra i due sboccia qualcosa, forse amore (anche se entrambi lo negano), e l'ultima cosa che il ragazzo farà prima di abbandonare il paese sarà donarle quel trofeo di corsa (rubato) che per lui simboleggiava l'orgoglio e il riscatto sociale. Pur fra molte controversie per l'aver portato la violenza delle bande sullo schermo e il ritratto simpatetico dei protagonisti (nonostante gli atti di teppismo, i bikers non sono veramente cattivi: la sceneggiatura punta semmai il dito contro i "benpensanti"), la pellicola – ispirata ai disordini di Hollister del 1947, gonfiati dalla stampa sensazionalistica – riscosse un grande successo e contribuì a collocare Brando nell'olimpo dei più grandi attori americani.

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