3 dicembre 2019

The irishman (Martin Scorsese, 2019)

The Irishman (id.)
di Martin Scorsese – USA 2019
con Robert De Niro, Al Pacino, Joe Pesci
***

Visto in TV (Netflix).

La (vera) storia di Frank Sheeran (Robert De Niro), gangster di origini irlandesi che dopo la seconda guerra mondiale divenne un sicario per la mafia italo-americana. Ispirato alle memorie dello stesso Sheeran (raccolte in un libro di Charles Brandt, "I heard you paint houses": la frase "imbiancare case" in gergo significa eliminare qualcuno per conto della malavita), il film – attraverso una serie di flashback concatenati – mostra Frank, autotrasportatore di Filadelfia, fare la conoscenza del boss Russell Bufalino (Joe Pesci) e diventarne un protetto, e poi il suo lavoro come guardia del corpo del potente e controverso sindacalista Jimmy Hoffa (Al Pacino), con cui stringerà una forte amicizia, facendo anche da tramite fra lui e la mafia. Ma quando Hoffa comincerà a essere troppo scomodo, sarà proprio Frank a doverlo uccidere. Prodotto da Netflix, con una distribuzione limitata in sala prima di essere reso disponibile in esclusiva sulla piattaforma televisiva on demand, il film è un lungo affresco – dura tre ore e mezza – che mescola finzione ed eventi reali, incrociando di sfuggita e a più riprese la storia americana degli anni '60 e '70 (l'incidente della Baia dei Porci, l'elezione e l'attentato di Kennedy, il Watergate). E proprio questo sguardo ad ampio raggio, con una vicenda che si estende su più decenni e che incrocia numerose figure vissute realmente, dona spessore ed epicità alla vita di un personaggio brutalmente impenetrabile, che procede a testa bassa e non mette mai in discussione il proprio stile di vita. Frank è talmente fedele ai suoi superiori da uccidere per loro conto persino i propri amici (d'altronde aveva imparato a eseguire ogni ordine, anche quelli di questo tipo, quando era nell'esercito) e da sacrificare il rapporto con la figlia maggiore. Mafioso fino al midollo, non parla mai in maniera diretta di sé o del proprio lavoro, ma sempre con allusioni, eufemismi, mezze frasi o discorsi obliqui, rendendo talvolta difficile empatizzare con lui. Più appariscente è invece l'istrionico Hoffa di Al Pacino, nevrotico, ostinato e a tratti davvero spassoso, che litiga con tutti e non si tira mai indietro. L'amicizia fra Frank e Jimmy, che lo fa anche entrare nel sindacato mettendolo a capo di una delle sue sezioni, è il vero cuore della pellicola. Ucciso Hoffa, a Frank non resta che tirare a campare, attendendo da solo e in silenzio la propria fine (e nel frattempo scegliendosi la cassa da morto).

Da notare, come detto, la struttura a doppio flashback: l'intera vicenda è narrata da Frank in una sorta di confessione finale (non si sa a chi: a un prete? agli agenti federali? o forse direttamente a noi spettatori?) quando, ormai anziano, si trova in un ospizio: ma gran parte di essa (quella che precede l'omicidio di Hoffa) è racchiusa all'interno di un altro flashback, mentre Frank e Russell sono in viaggio per recarsi al matrimonio di una nipote di quest'ultimo. L'aver dovuto mostrare eventi che si dipanano per più decenni ha costretto gli interpreti (in particolare De Niro e Pesci) a farsi ringiovanire o invecchiare in numerose scene grazie alla computer grafica (e proprio l'ingente costo di questi effetti speciali ha fatto sì che il progetto, inizialmente della Paramount, passasse a Netflix). Non sempre però il risultato è eccellente: il De Niro "giovane" sembra già pieno di rughe, mentre Pesci finisce col diventare davvero decrepito (in alcune scene ricorda Andreotti!). Nulla da dire invece sulla regia: in questo tipo di film Scorsese sembra trovarsi talmente a proprio agio da sfornare scene e inquadrature memorabili senza il minimo sforzo, come se dirigesse con il pilota automatico. E rivedere questo regista e questi attori (sia pure ormai invecchiati) all'opera su questi temi, in cui hanno già sguazzato molte volte in passato (basti pensare a "Quei bravi ragazzi", di cui il film è quasi una versione aggiornata, più realistica e meno glamour), è sempre un piacere. Tanto che la pellicola potrebbe essere considerata un degno canto del cigno per il grande cineasta (sarebbe stato un peccato se la sua carriera si fosse conclusa con il precedente, e poco riuscito, "Silence"). Da notare che è soltanto la terza volta che De Niro e Pacino recitano insieme, dopo "Heat" e "Sfida senza regole" (ne "Il padrino - Parte II", infatti, non condividevano mai lo schermo). L'agile sceneggiatura si concede piccoli vezzi, come le scritte in sovrimpressione che anticipano il destino dei personaggi di contorno, quasi tutte morti violente (e non prive di ironia, come quando di uno dei mafiosi, "benvoluto da tutti", si dice che morirà di vecchiaia nel proprio letto). Nel vasto cast si riconoscono Harvey Keitel (un altro habituè di Scorsese, di cui ha intepretato i primissimi film) e Anna Paquin (Peggy, la figlia di Frank). La colonna sonora è a base di canzoni d'epoca.

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