3 novembre 2019

Cappello a cilindro (Mark Sandrich, 1935)

Cappello a cilindro (Top hat)
di Mark Sandrich – USA 1935
con Fred Astaire, Ginger Rogers
***

Rivisto in divx.

Il ballerino americano Jerry Travers (Fred Astaire), a Londra per uno spettacolo organizzato dall'impresario teatrale Orazio Hardwick (Edward Everett Horton), si innamora della modella Dale Tremont (Ginger Rogers) e le fa la corte. Ma per un equivoco lei lo scambia proprio per Orazio, e dunque lo crede già sposato con la sua amica Madge (Helen Broderick). Dopo una lunga serie di fraintendimenti, la verità verrà a galla nel corso di una romantica trasferta a Venezia. Quarto film girato in coppia da Fred e Ginger, il secondo come protagonisti assoluti, e forse il migliore e il più popolare di tutti: una commedia degli equivoci (basata su uno spunto in fondo esile, e simile al precedente "Cerco il mio amore", da cui ritornano diversi comprimari) che è una summa del brio e della leggerezza che caratterizza tutti i film del duo. Merito non solo dell'eccellente alchimia fra gli attori, protagonisti di diversi numeri di ballo ma anche di schermaglie amorose tipiche della commedia screwball, ma pure della colonna sonora di Irving Berlin, con canzoni come "Cheek to cheek" (su tutte), "No Strings (I'm Fancy Free)", "Isn't This a Lovely Day?" e la titolare "Top Hat, White Tie and Tails". Ginger Rogers canta inoltre "The piccolino", con un gran numero di parole italiane nel testo. Da non sottovalutare poi l'apporto dei comprimari, a partire dal comicissimo Edward Everett Horton, perenne vittima delle circostanze e degli scambi di persona, coadiuvato da Eric Blore nei panni del valletto che parla di sé al plurale e da Erik Rhodes in quelli dello stilista geloso (il cui motto è "Per le donne il bacio, e per gli uomini la spada!"): tutti habitué di questo tipo di film e già visti nelle pellicole precedenti di Fred e Ginger. Alla miscela, infine, vanno aggiunte le fantastiche e fintissime scenografie (si pensi all'albergo italiano e alla Venezia ricostruita in studio, dove tutto è bianco come se ci trovassimo in Paradiso: d'altronde i testi della canzone più famosa del film cominciano proprio con "Heaven, I'm in Heaven...") e le raffinate coreografie dei numeri di ballo (di Hermes Pan), entrambe nominate all'Oscar (insieme al film stesso e alla canzone "Cheek to cheek"). Il famigerato abito di piume indossato dalla Rogers fu disegnato personalmente da lei.

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