23 novembre 2018

La samaritana (Kim Ki-duk, 2004)

La samaritana (Samaria)
di Kim Ki-duk – Corea del Sud 2004
con Kwak Ji-min, Lee Eol, Han Yeo-reum
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Rivisto in DVD.

La liceale Jae-young (Han Yeo-reum) si prostituisce per raccogliere il denaro necessario a un viaggio in Europa con la sua amica del cuore Yeo-jin (Kwak Ji-min), la quale, pur disapprovandone il comportamento, la aiuta organizzando gli incontri e facendole da palo. Quando però Jae-young si suicida gettandosi dalla finestra di un albergo, Yeo-jin decide di sostituirsi a lei (cui già prestava la voce al telefono) e di incontrare nuovamente tutti i suoi clienti per restituire loro il denaro che le avevano dato... Con la consueta fusione di temi scabrosi e poesia delle immagini (tutta la vicenda è ammantata di colori autunnali), il film di Kim Ki-duk è soltanto in parte una pellicola sulla prostituzione minorile, un fenomeno sociale peraltro assai diffuso in estremo oriente: a metà strada cambia infatti il proprio focus e si concentra sul rapporto (venato di incomunicabilità) fra genitori e figli. Il padre di Yeo-jin (Lee Eol), dopo aver scoperto per caso gli incontri clandestini della figlia, inizia infatti a seguirne i clienti per punirli in maniera sempre più violenta. E infine, decide di partire con la ragazza per un viaggio in montagna, dal quale prevede di non tornare più... Divisa in tre sezioni (intitolate "Vasumitra", "Samaria" e "Sonata", e dedicate rispettivamente a Jae-young, a Yeo-jin e a suo padre), la storia cambia focus più volte, tanto che sembra quasi di assistere a tre film diversi, accomunati però dal fatto di rappresentare un percorso "iniziatico", che attraverso il sesso (e la morte) conduce ciascuno dei tre protagonisti verso la scoperta del proprio ruolo e del rapporto con il mondo circostante. Jae-young è il più "libero" dei tre personaggi, quello che vive il sesso in maniera gioiosa e disinteressata, consapevole di donare felicità agli altri (si identifica appunto in Vasumitra, monaca-cortigiana indiana che convertiva gli uomini al buddhismo attraverso l'amore fisico). Per Yeo-jin (la "samaritana" del titolo) si tratta invece di una questione morale, un modo per onorare la memoria dell'amica ed espiare al tempo stesso le proprie colpe. Il padre, poliziotto che progressivamente perde il controllo di sé, sospinto da un furore vendicativo, è infine una figura più complessa, che nel terzo atto del film lascia intendere più volte allo spettatore di voler compiere un atto irreparabile nei confronti della figlia: ma dopo averlo evocato oniricamente, il regista ci sorprende invece con un bel finale di metaforica responsabilità (la lezione di guida). L'intero viaggio in campagna, lontano dunque dal setting cittadino delle prime due sezioni, sembra quasi trasportarci in un altro mondo e in un altro tempo, dove è più facile dimenticare, perdonare e ricominciare. Se da un lato la pellicola cammina su un terreno sottile e rischioso (non sono mancate le controversie, in patria e all'estero) per il modo con cui affronta il tema della prostituzione giovanile (che pure è mostrato attraverso diversi punti di vista: quelli delle due ragazze, inizialmente opposti, ma anche quello del padre e quelli dei vari clienti, che spaziano dall'indifferenza totale ai sensi di colpa), dall'altro offre numerosi spunti, anche appena accennati: il tema del doppio, con l'identificazione fra le due ragazze, ma anche quello dell'amicizia (che confina, o sconfina, nell'amore) o quello dell'immancabile connubio fra eros e thanatos (con l'inquietante sorriso di Jae-young al momento del suo suicidio). Molto brave le due giovani attrici, praticamente esordienti. Nella colonna sonora (che ricorda Joe Hisaishi) si sentono brani di Erik Satie.

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